domenica 6 novembre 2011

CINQUE TERRE E COSTIERA AMALFITANA: LA PERDUTA ARMONIA UOMO/NATURA


L’artificializzazione della natura-  il paesaggio antropizzato e il suo abbandono

dall'web : L' abbandono della COSTIERA AMALFITANA nella RICERCA DI MICHELE PAPPACODA 


Lo spopolamento della montagna col conseguente suo abbandono da parte di coloro che provvedevano a curarne il territorio, è stata la causa primaria dalla quale si è generato il cosiddetto dissesto idrogeologico.

 Questa assenza ha decretato la fine della silvicoltura e ha dato l’avvio a tipi di interventi disomogenei come la deforestazione indiscriminata e selvaggia, il mancato taglio dell’erba dei pascoli e la mancata raccolta delle foglie nei boschi di latifoglie; nello stesso tempo il proliferare di attività di tipo diverso dalla silvicoltura, ha comportato un’eccessiva urbanizzazione delle valli con relativa massiccia opera di cementificazione

Analizziamo ora nello specifico tutte queste problematiche, partendo dalla deforestazione: praticata in modo irrazionale, senza cioè preoccuparsi di ripiantare laddove si era deforestato, essa ha provocato sia un 

forte 

aumento della quantità di ruscellamento 

dell’acqua piovana, sia una notevole diminuzione

 del tempo di scorrimento dello stesso verso i 

corsi d’acqua…..

Ma allora cosa fare? 
Una soluzione potrebbe essere quella di affiancare le attività turistiche ad altre attività che possano compensare, o almeno attutire, l’impatto da essa derivante. 
Ad esempio ricreare la silvicoltura, tentando di riportare in montagna gente disposta a dedicarsi a questa attività, magari offrendo loro condizioni di vita dignitose attraverso finanziamenti e contributi. Un investimento mirato ad un’attività di prevenzione, insomma, un investimento che a medio - lungo termine darebbe i suoi frutti anche in termini economici, perché  prevenire costa meno che ricostruire.



Muretti a secco, un'«arte» da tramandare

di Gian Carlo Bailo

CINQUE TERRE — La tutela dell'ambiente delle Cinque Terre non si può attuare con un «paper park» cioè un parco sulla carta .
Ne è ostinatamente convinto il suo presidente Franco Bonanini che ormai trascorre nel suo ufficio una media di dieci ore giornaliere per far nascere un parco economico. 
Trenta anni fa i seimila abitanti dei cinque borghi marinari provvedevano come veri e propri «operai virtuali» al mantenimento del territorio. 
Poi con l'arrivo del boom economico degli anni '60 iniziò lo spopolamento che raggiunse il suo culmine negli anni Ottanta, da qui l'inarrestabile sgretolamento di un territorio con i guasti oggi ben noti a tutti.
 Agricoltura in declino e sviluppo turistico esponenziali non potranno reggere all'infinito perché proprio il paesaggio monumentale costruito dagli agricoltori in secoli di storia è destinato a sparire in poco tempo.

I due milioni di turisti che ogni anno visitano le Cinque Terre proprio per vedere un paesaggio unico al mondo dovranno diventare i salvatori di questo mondo da qui le prime tre azioni ideate dal Parco: l'adozione delle terre incolte, il marchio di qualità e la carta servizi. 
Da giugno ai turisti e ai non residenti sarà offerta la possibilità di usufruire di un pacchetto di servizi che riguardano la mobilità con tre fasce di utilizzo . I soldi derivanti da questa operazione andranno ad alimentare le opere di ripristino dei muretti a secco in sinergia con le altre due operazioni. Altro beneficio di queste entrate sarà la diminuzione delle tasse come l'Ici e Tarsu che ora gravano sui residenti la maggioranza dei quali non trae nessun beneficio dai flussi turistici. 
Dal professor Terranova è arrivata la proposta di istituire una vera e propria scuola di formazione per la costruzione dei muretti a secco sulla falsa riga di quella di Palma di Maiorca dove giovani di tutto il mondo sono impegnati nella stessa opera di salvaguardia dei terrazzamenti dell'isola spagnola. Tutti qualificati gli interventi come quello del professor Luigi Da Deppo uno dei massimi esperti italiani in materia di salvaguardia delle coste dall'erosione che ha messo in guardia dal proseguire da una politica di sfruttamento dei nostri litorali infatti ben 1200 chilometri di coste italiane sono attualmente soggetta a erosione. No ad esempio alla costruzione di nuovi porti rifugio previsti in abbondanza dal piano della costa ligure. 
Moderatore della giornata il professor Emilio Olzi direttore del centro «Tempe» Cnr di Milano.