sabato 23 marzo 2013

LA TELEVISIONE E L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE DEGLI ADOLESCENTI


LA TELEVISIONE E L’EDUCAZIONE SENTIMENTALE DEGLI ADOLESCENTI




La III A ha letto e commentato un articolo sul tema della televisione e l'educazione sentimentale degli adolescenti


COSì SCRIVE PAOLA C.

La televisione e l’educazione sentimentale degli adolescenti
Nell’articolo del “Sole 24 Ore” scritto da G.Charmet, “ la discreta violenza del modello in tv”, si parla dell’influenza che la televisione, al giorno d’oggi, esercita su un adolescente.
Noi adolescenti, crescendo, rompiamo i legami oggettivi che da sempre ci hanno legato ai nostri genitori, perché nasce in noi una smisurata voglia di conoscere il mondo, la società che ci circonda, senza però dover dipendere da una figura materna o paterna. Appunto per questo, molto spesso in famiglia si verificano dei litigi causati da incomprensioni tra le due parti.
Tra noi e i nostri genitori nasce una sorta di sfida e questo fa sì che non vengano più visti da noi come il nostro punto di riferimento, ma come un ostacolo e per questo non chiediamo aiuto a loro per rispondere alle nostre domande, ma bensì ci appelliamo ai massmedia.
L’argomento che più ci incuriosisce riguarda la sfera sessuale e sentimentale, infatti la televisione ci offre molti modelli di virilità e femminilità.
Gli psicologi però, pensano che questi messaggi non siano “salutari” nei nostri confronti, perché ci spingono a seguire delle “bellezze costruite”, dato che noi non ci sentiamo molto spesso  sicuri del nostro corpo e questo ci fa temere di essere emarginati dalla società e appunto per questo noi ragazze cerchiamo di seguire delle diete che a volte ci fanno arrivare all’anoressia, mentre i ragazzi si chiudono in palestra con l’intenzione di diventare più muscolosi e atletici, ottenendo così un corpo più “vendibile” nel mercato delle relazioni.
Un tempo i ragazzi si affidavano alla letteratura, per avere esempi e modelli di comportamenti nell’ambito sentimentale e relazioni sociali, mentre ora l’abbiamo sostituita con la televisione senza porci il minimo problema.
Oggi come oggi, la violenza che i massmedia infliggono su di noi non sta nel trasmettere film violenti, ma bensì nella trasmissione di programmi come ad esempio i reality show, che hanno un tale impatto su di noi che ci costringono nel nostro inconscio a diventare qualcosa di finto, di costruito, che non rispecchia la realtà in cui viviamo.

L’articolo scritto da G.Charmet parla di come la televisione abbia sostituito nell'età adolescenziale la “figura” dei genitori.
Infatti i giovani durante quest’età si chiudono in loro stessi, creando un loro mondo e gli adulti non ne devono far parte, appunto per questo utilizzano internet e la televisione per ottenere risposte alle loro domande, senza rendersi conto però, che questi mezzi di comunicazione non possono sostituire il dialogo e il confronto con un’altra persona, che in ogni caso, sarebbe decisamente più educativo.

La realtà è che ogni ragazzo nell'età adolescenziale rompe di netto il dialogo con i genitori, ma nello stesso tempo si trova sommerso di domande e di certo non può, non vuole, trovare le risposte a casa.
L’autore dell’articolo parla della televisione come mezzo di informazione utilizzato dai giovani, ma oggi si utilizza soprattutto internet, che è senza censura e fa sì che i giovani cerchino di seguire dei modelli che non rispecchiano la realtà.
Da qualche anno è scoppiato il boom di face book. Quasi tutti sono iscritti a questo social-network. E’ utile, ma alcuni adolescenti ne fanno un uso sbagliato e in questo caso la colpa è dei genitori perché non controllano i propri figli e così alle volte pubblicano foto indecenti.
Tra le ragazzine iscritte su face book è scoppiata una gara di chi riceve più “mi piace” in una foto.
In base a quanti “like” ricevi in una foto, si decide se una ragazza è bella, popolare, e ciò spinge altre ragazzine ad imitarle, diventando così quello che non sono, che non vogliono essere, ma che la società gli impone di essere per poter essere accettate dagli altri.
La televisione invece e invasa da reality, da persone che apparentemente sono sincere, ma che invece recitano solo un copione per far sì che gli spettatori vogliano diventare come loro.
Noi stiamo levando il tempo alle cose importanti e stiamo dando spazio alle cose superficiali, cerchiamo le nostre risposte su internet, mentre invece dovremmo cercarle vicino a noi, nel mondo reale.
La realtà è che le trasmissioni televisive non cambiano, ma cambia la società, cambiano le persone, che rimangono chiuse in loro stesse ignorando gli altri, incapaci di comunicare con chi potrebbe dar loro le vere risposte.
PAOLA





COSì SCRIVE ANTONIO S.

Nell’articolo del Sole 24 Ore del 23 ottobre 1994, intitolato “La discreta violenza del modello in tv”, l’autore G. Charmet  tratta vari punti riguardanti la fase della adolescenza dei ragazzi.
Nel primo punto si discute del problema del rapporto tra preadolescente e messaggio televisivo. Quando il ragazzo sta entrando in un’altra fascia di età, quella dell’adolescenza, pare che il messaggio televisivo abbia un grande potere. Quando il preadolescente cerca di rompere i contratti affettivi con familiari e infanzia, cerca di aprirsi al nuovo mondo composto da nuovi stimoli e relazioni sociali, e trova delle risposte nei messaggi televisivi, alle sue curiosità e alla sua esigenza di evasione.
Oltre a dei messaggi, la tv offre modelli di femminilità e di virilità, di amicizia, di sessualità e di coppia.
I ragazzi amano molto questi modelli e cercano di immedesimarsi in essi, avendo così la certezza di poter compiere una buona entrata nel mondo sociale delle relazioni.
A questo è collegata l’educazione sentimentale, a cui, secondo l’autore, non partecipano la famiglia e la scuola, che al giorno d’oggi non parlano e non sono in grado di offrire delle figure e dei modelli di riferimento per i giovani.
Un altro punto è quello degli ideali di identità di genere irraggiungibili, considerati dagli psicologi dei persecutori degli adolescenti, poiché sono degli ideali di femminilità o di virilità perentori e crudeli. Spesso un adolescente si vergogna del proprio corpo e perciò cerca di mutarlo secondo i modelli mass mediali.
I ragazzi sono considerati vittime infelici, e sono molti di più rispetto alle vittime provocate da film o spettacoli violenti.
Rimedi a tutto ciò possono essere quelli di fare più attenzione ai messaggi pubblicitari che influiscono sull’educazione sentimentale. Inoltre la scuola e la famiglia dovrebbero esercitare delle funzioni ecologiche nei confronti degli inquinamenti provocati dalla tv nelle menti dei giovani.
L’autore nella conclusione spiega che lo scopo della pubblicità è quello di raccontare cose non vere pur di vendere il prodotto, quindi liberandosi di qualsiasi preoccupazione educativa.


L’autore dell’articolo vuol dire che oggi i ragazzi sono influenzati da tutto ciò che vedono in tv e cercano di apparire proprio come i ragazzi della televisione, facendosi coinvolgere e spesso spendendo soldi e mettendosi complessi mentali.
Tutto ciò dovrebbe essere tutelato dalla scuola e dalla famiglia che dovrebbero rieducare i ragazzi.

ANTONIO 






venerdì 22 marzo 2013

epokè - psicologia di Husserl


Dizionario Filosofico   





Epoché







Edmund Gustav Albrecht Husserl (Prostějov8 aprile 1859 – Friburgo in Brisgovia26 aprile 1938) è stato un filosofo e matematicoaustriaco naturalizzato tedesco, fondatore della fenomenologia e membro della Scuola di Brentano.
La corrente filosofica della fenomenologia ha influenzato gran parte della cultura del Novecento europeo e non solo. Oltre a Max Scheler ebbe un profondo influsso sull'esistenzialismo e Martin Heidegger, ma indirettamente il suo pensiero ha influito anche sulle Scienze cognitive e sulla filosofia della mente odierne. Secondo Hubert Dreyfus, Husserl è da considerarsi il "padre delle ricerche contemporanee nella psicologia cognitiva e intelligenza artificiale".



lunedì 18 marzo 2013

18 Marzo 1913, il ricordo della tragedia di Buggerru.




Celebrazioni per il centenario dell'incidente


A cento anni dalla tragedia avvenuta alle miniere di Buggerru, a Genna Arena, oggi si ricorderanno le vittime degli incidenti.
Dalle 11, nel Museo dei Minatori in via Marina, il convegno sulle conquiste delle donne nel lavoro e le nuove forme di confronto tra lavoratori e aziende. Al dibattito, moderato da Gianluca Medas e aperto dall'intervento del sindaco di Buggerru Silvano Farris, partecipano: la segretaria nazionale della Cgil Elena Lattuada e il segretario generale della Cgil sarda Enzo Costa, Caterina Pes, deputata del Pd, Grazia Villani, storica, Alessandra Zedda, assessore regionale alla Programmazione, Tore Cherchi, presidente della Provincia del Sulcis Iglesiente, Giampaolo Diana, capogruppo Pd in Consiglio regionale.
Nel pomeriggio, alle 15, appuntamento al vecchio ponte all'ingresso del paese per l'inaugurazione del sentiero 'Il Cammino delle Cernitrici', a Caitas. Alle 17, di nuovo al Museo in via Marina, presentazione dei documentari sul 4 settembre 1904 e sul 18 marzo 1913 a cura di Gianluca Medas. Poi musica con Rossella Camellini.
La Storia. Miniera di Genna Arenas, Buggerru, nel sud ovest della Sardegna. Erano le sette del mattino del 18 marzo 1913, e la nebbia che arrivava dal mare sostava sotto la montagna di calamina del cantiere di Genna Arenas. Mentre il personale addetto alla cernita del minerale era intento al suo lavoro, la tramoggia che conteneva il minerale grezzo nel silos non resse il pesante carico. Una griglia cedette, mentre una 'squadra' composta da otto donne, tre ragazzi ed un caporale si avviava alla laveria, uccidendo quattro cernitrici: Maria Saiu, di 36 anni, Anna Pinna, di 24 anni, Laura Lussana, di 20 anni e Anna Rosa Murgia di appena anni 15. I feriti furono tre: Mariangela Zoccheddu, di 33 anni, Assunta Algisi, di 33 anni e Luigi Cadeddu, di appena 14 anni. Il caporale si salvo'.
Quattro vite spezzate: Anna Rosa, che aveva appena abbandonato i suoi giochi da bambina, Maria, giovane sposa in attesa del suo primo figlio, Anna, energica e battagliera attivista nella Lega Minatori, e infine Laura, madre di tre figli. Quattro donne come tante, una vita di lavoro senza speranza di futuro, accomunate da un tragico destino che le consegnera' alla storia unite inesorabilmente.
Donne e bambine, le cernitrici, erano impiegate nelle miniere sarde nella separazione e nella scelta del minerale.
Avevano il compito di scegliere quello buono da quello sterile, inutile alla produzione. Lavoravano dieci e anche dodici ore al giorno pestando il minerale e separandolo, all'esterno dei pozzi, in baracche di frasche, con tetti di fortuna, esposte all'acqua, al vento, alla polvere al sole cocente d'estate. E il loro salario era mimino, nettamente inferiore a quello degli uomini, nonostante svolgessero mansioni pesanti e un turno di lavoro identico a quello degli uomini.
Da uno studio della storica Maria Dolores Dessi' risulta che nell'ultimo decennio dell'800 'la remunerazione di una donna adulta era di 1 lira e 55 cent, di 0,81 per le ragazze sotto i 15 anni, variavano invece tra i 0,62 cent e 1,15 lire quello per le ragazze dai 15 ai 21 anni'. Il costo del pane era di 0,35 cent al kg, della farina di 0,35-0,45 a seconda della qualita', il formaggio costava 1,25 lire al kg, mentre l'olio costava 1,60. Utili, umili e silenziose. Difficilmente creavano problemi di ribellione, richieste sindacali, facevano opposizione. Sapevano stare al loro posto, come voleva il violento caporale, che spesso abusava di loro, e se qualcuna sbagliava appena, la strada di casa era aperta.
Il precedente del 1871. Era il pomeriggio del 4 maggio. Si legge nel rapporto del sottoprefetto di Iglesias al Prefetto di Cagliari trovato negli archivi della polizia mineraria dalla scrittrice Iride Peis Concas: 'Verso le 6,30 della sera del 4 corrente maggio 1871 all'opificio Atzuni, miniera di Montevecchio, Guspini, circa 30 donne e fanciulle lasciato il quotidiano lavoro ritornano al proprio dormitorio. Soprastante a questo - scrive il sottoprefetto Giovanni Rominelli - fu di recente formato un serbatoio di 80 metri cubi d'acqua per la vicina laveria. Non appena entrate le donne il muro laterale del serbatoio fu rotto dalla mole d'acqua e rovescio' sul prossimo muro del dormitorio, facendolo cadere dalla parte interna, causa pure immediata del precipitar del tetto sulle misere femmine che in numero di undici vi trovarono morte istantanea'.
'Quattro altre - prosegue nella sua relazione il sotto prefetto Rominelli - furono estratte piu' o meno ferite, ma non con pericolo di vita. Nove delle vittime appartenevano al limitrofo villaggio di Arbus, le altre due a Guspini. Le ferite appartengono tre a Guspini, un a Gonnosfanadiga, l'altra a Nurri e tutte appresso descritte.
Elenco delle donne morte: Armas Antioca, anni 32, Arbus, Gentila Rosa, anni 15, Guspini, Murtas Luigia, anni 27, Arbus, Vacca Luigia, anni 15, Arbus, Vacca Rosa, anni 50, Guspini, Melis Anna, anni 11, Arbus, Aru Elena, anni 10, Arbus, Atzeni Anna, anni 12 Arbus, Pusceddu Caterina, anni 10 Arbus, Peddis Anna, anni 14, Arbus, Pusceddu Anna, anni 14, Arbus'.
Prosegue il sottoprefetto Rominelli a relazionare dell'incidente il prefetto di Cagliari: 'Elenco donne ferite: Diana Giuseppa, anni 18, Gonnosfanadiga, Stori Giusta, anni 37, Nurri, Pitzus Luciana, anni 13, Guspini, Montis Maria, anni 12, Guspini. Il maggior danno di tutte l'avrebbe riportato: l'Armas siccome madre di due figli e la Murtas di tre tutti in tenera eta' a cui la Direzione (della miniera, ndr) si dara' carico di provvedere la sorte'.
La tragedia fu archiviata, nessuno pago' per le vite di quelle donne e bambine, nonostante usi il termine 'catastrofe' per descrivere l'incidente: 'Dalla perizia giudiziale eseguita sul posto - scrisse il sottoprefetto - non risulterebbe colpa ne' imprevidenza in carico di chicchessia, essendo che l'ingegnere stesso al quale sono affidati gli esterni lavori dello stabilimento pochi minuti prima della catastrofe passeggiava fiducioso sull'ergine rovinato del serbatoio. Alle vittime - conclude la relazione di Rominelli - fu data conveniente sepoltura nel villaggio di Arbus e Guspini piu' vicini'.
Nonostante le prescrizioni dell'Ispettore del Corpo delle miniere dellaSardegna, Frncesco Giordano, che fu severo nel 'biasimare la costruzione del bacino e la sua posizione' sopra le baracche dormitorio delle cernitrici e ordino' alla direzione mineraria di provvedere alla sua ricostruzione in altro luogo, la Direzione della miniera di Montevecchio, 'scusandosi' con il Prefetto, comunico' che non esiste 'luogo piu' comodo e adatto per la ricostruzione sia del bacino che della baracca rovinata' nello stesso punto.
'Vita a basso costo', scrive Iride Peis Concas. 'L’azienda infatti fu sgravata da ogni responsabilita'. Nessun debito verso chi prse la vita - scrive la Peis Concas -, un incidente di percorso e poi il silenzio'.
La manifestazione di domani a Buggerru si articola in diverse iniziative, per tutta la giornata. A partire dalle 9, il Consiglio comunale straordinario e' convocato nella piazza che verra' dedicata alle cernitrici, poi ci sara' la visita alla mostra dei disegni dei bambini e la rappresentazione teatrale a cura delle scuole.

mercoledì 13 marzo 2013

La prima guerra mondiale [Appunti Video]

http://youtu.be/pcJPh5V5JRc


L'Inghilterra, la maggiore potenza navale, industriale e coloniale del mondo, male sopportava l'aspra concorrenza commerciale della Germania che, sotto la guida dell'imperatore Guglielmo II, si era impegnata in una corsa agli armamenti navali, allo sviluppo industriale, alla conquista dei mercati internazionali e all'ingrandimento del suo impero coloniale, mirando chiaramente alla supremazia ed all' egemonia nel continente europeo. 

La Russia, fermata dal Giappone nel 1905 nelle sue mire espansionistiche in Oriente, concentrò di nuovo la sua attenzione sulla penisola balcanica, scontrandosi con gli interessi dell'Austria che, spalleggiata dalla Germania, giocava anch'essa in quel settore le sue carte.
 

La Francia, in fine, dal 1870, anno della sconfitta di Napoleone III, non aveva ancora abbandonato la sua ansia di rivincita nei confronti della Germania
 ed il desiderio di riacquistare i territori dell'Alsazia e della Lorena
che aveva dovuto cedere dopo la guerra franco prussiana. Nel 1907 gli schieramenti contrapposti, legati ai vari interessi in gioco, erano ormai chiari, tanto che Francia, Inghilterra e Russia stipularono l'accordo della triplice intesa, in funzione anti tedesca ed anti austriaca, accordo tramutato in alleanza vera e propria nel 1914. 

La tensione, anche se sotto controllo e quasi sempre circoscritta ad interessi particolari, aveva poi determinato l'affannosa corsa agli armamenti, specialmente da parte tedesca.
 

ll settore balcanico risultava il più aperto a possibili crisi internazionali a causa degli irredentisti slavi
 e questo preoccupava l'Austria che temeva per l'integrità del suo impero.
Vienna guardava dunque con sospetto il piccolo stato slavo e fu proprio in questo clima che si accese la scintilla che fece esplodere la prima guerra mondiale.
 

Il 28 giugno del 1914 l'arciduca Ferdinando d'Austria e sua moglie furono assassinati a Sarajevo
 da uno studente bosniaco. L’Austria inviò alla Serbia un ultimatum ma la Serbia, nonostante si disse pronta a discutere la questione, non lo accettò ed il 28 luglio l’Austria le dichiarò guerra. Inizialmente le forze in gioco si erano illuse di poter risolvere in breve tempo il conflitto, ma nel giro di pochi giorni scattò il sistema delle alleanze che trascinò l'Europa in una guerra immane. 

La 1a GM fu infatti combattuta da 28 nazioni che si affrontarono tra il 1914 ed il 1918.
 I paesi belligeranti si raggrupparono in due schieramenti: le potenze Alleate e gli Imperi Centrali.
Le potenze alleate comprendevano, tra le altre, GB, Francia, Russia, Italia e Stati Uniti. Nel secondo gruppo c'erano Germania, Autria-Ungheria, Turchia e Bulgaria.

La Russia scese in campo a sostegno della Serbia ed il giorno dopo si aggiunse anche la Francia. A sua volta la Germania dichiarava guerra alla Russia e alla Francia e attraverso il Belgio che rimase neutrale, entrò in Francia aggirando la linea fortificata Maginot. A distanza di alcuni giorni anche l'Inghilterra dichiarò guerra ai tedeschi.
 

La mobilitazione generale fu la grande novità di questa guerra: non si trattò solo di raccogliere e addestrare una massa enorme di uomini, borghesi, proletari e contadini.
 

Tutta la struttura economica, amministrativa e politica degli stati fu trasformata in militare o paramilitare: dalle industrie belliche ai servizi pubblici, all'apparato statale. Insomma, tutta la vita delle nazioni belligeranti fu condizionata dalla guerra. Nacquero e si svilupparono nuove mentalità per nuove esigenze, influenzate dalla propaganda militarista, i cui toni divennero sempre più accesi.
 

L'Austria e la Germania disponevano di un esercito di tre milioni e mezzo di uomini, mentre l'esercito di Francia, Inghilterra e Russia poteva contare su 6 milioni di uomini.
La posizione geografica era assolutamente sfavorevole agli imperi centrali che si ritrovavano circondati dalla Francia ad ovest, dall'Inghilterra a nord, dalla Russia ad est e a sud dalla Serbia.

I tedeschi però erano meglio addestrati e puntarono immediatamente sulla cosiddetta guerra di movimento; l'azione tedesca fu rapidissima e, mentre l'Austria invadeva la Serbia, la Germania attaccò la Francia, sconfiggendola duramente a Verdun e giungendo fino alle rive della Marna dove furono però bloccati da truppe francesi e inglesi.
 
Nei primi 40 giorni di guerra, caddero in Francia cinquecentomila uomini.
 

Da questo momento la guerra di movimento si trasforma in guerra di trincea, di logoramento o di posizione, una guerra terribile per lo spreco di vite umane ed economicamente costosissima per il massiccio impiego dell'artiglieria in bombardamenti di intensità e durata mai viste prima.

Sul mare il controllo della situazione venne preso dall’Inghilterra che istituì un blocco continentale
 per impedire i rifornimenti dal mare agli imperi centrali; i tedeschi risposero con la guerra sottomarina. 

Sul fronte orientale gli austro-tedeschi occuparono la Polonia e le province baltiche. Alla fine di ottobre, accanto ai tedeschi, entrò in guerra anche la Turchia.

L'Italia stipulò un trattato segreto, il
 patto di Londra del 26 aprile 1915, con Gran Bretagna, Francia e Russia, in base al quale si impegnava ad entrare in guerra in cambio di compensi territoriali in Trentino, Alto Adige, Istria, Dalmazia, Albania e nel Dodecaneso. Il 24 maggio dichiarò guerra all'Austria - Ungheria, impegnando quest'ultima su un secondo fronte.

Se nel 1916 il presidente degli USA Wilson aveva cercato di portare i belligeranti verso la trattativa, nel 1917 cambia posizione e decide di entrare nel conflitto
 per contrastare la minaccia tedesca di una guerra sottomarina contro la GB.

Nel marzo dello stesso anno in Russia scoppia l'insurrezione contro il governo imperiale
 a cui segue la rivoluzione bolscevica; questo porta il nuovo governo ad uscire dal conflitto e firmare l'armistizio. Con la pace di Brest – Litovsk (1918) la Russia pone ufficialmente fine alla guerra con gli Imperi Centrali; il 7 maggio usciva dal conflitto anche la Romania mentre il 30 ottobre era la volta della Turchia.

Nel gennaio del 1919 la conferenza per la pace vide riunirsi a Versailles le nazioni vincitrici
 mentre, tra il gennaio del 1919 e l'agosto del 1920, furono concluse le paci separate con le potenze sconfitte: il trattato di Versailles (28 giugno 1919) con la Germania, il trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919) con l'Austria, il trattato di Neuilly-sur-Seine (27 novembre 1919) con la Bulgaria, il trattato del Trianon (4 giugno 1920) con l'Ungheria e quello di Sèvres (10 agosto 1920) con la Turchia.

L'impe
ro russo, tedesco ed austroungarico sparirono lasciando spazio a nuove unità statali. GB e Francia imposero alla Germania pesanti sanzioni economiche e tagli territoriali che ferirono profondamente il sentimento nazionale. 
Il conflitto mondiale aveva innescato profondi e ampi sommovimenti in tutte le società coinvolte depositando nella coscienza di milioni di uomini il ricordo brutale della violenza. Dal rifiuto morale che molti elaborarono in risposta ai massacri, scaturì un odio profondo verso la guerra che si tramutò in un impulso di riscatto. Dal punto di vista economico gli stati dovettero affrontare gravi dissesti finanziari e la riconversione industriale.

La guerra era durata 4 anni ed aveva causato 20 milioni di morti.
 Nonostante i trattati di pace questo conflitto pose le basi per una nuova guerra ancora più devastante.


http://www.studenti.it/video-lezioni/italiano/la-prima-guerra-mondiale.html


http://youtu.be/ssBrnYivFIk


http://youtu.be/oblRoiuegRk


http://youtu.be/2uXJ-_nE-MM

lunedì 11 marzo 2013

LA DONNA NELLE SACRE SCRITTURE





Nelle Scritture la donna è generalmente rappresentata in posizione subordinata, condizionata da un imperante maschilismo. Infatti, la posizione della donna è rigidamente definita in subordine all’uomo. 

All’interno delle Scritture troviamo donne regine, profetesse, giudici, e quant’altro, ma nessuna sacerdotessa.

Questa posizione della donna è retaggio dell’interpretazione della antica tradizione ebraica e non subisce sostanziali modifiche anche quando la parola di Cristo ne rivaluta la posizione.
Nel Talmud si legge:

l’uomo è obbligato ad offrire tre benedizioni al giorno:

che Egli mi ha fatto ebreo,

che non mi ha fatto donna,

che non mi ha fatto schiavo

Il Talmud stesso sembra sminuire la dignità della donna 

Eppure nell’Antico Testamento esistono chiari riferimenti alla parità della donna:

Dio creò l’uomo a sua immagine:

a immagine di Dio lo creò:

maschio e femmina li creò (Genesi 1, 27)



Nel Talmud si legge:

State molto attenti a far piangere una donna

Che poi Dio conta le sue lacrime

La donna è uscita dalla costola dell’uomo

Non dai piedi perché dovesse essere calpestata

Né dalla testa per essere superiore

Ma dal fianco per essere uguale…

Un po’ più in basso per essere protetta

E dal lato del cuore per essere Amata.



Nonostante queste affermazioni chiare, il ruolo della donna nella società ebraica pre-cristiana rimase sempre secondario.

Anche le parole di Gesù, riportate dai Vangeli canonici, sono per la parità delle donne. Chiarissimo il rimprovero di Gesù ai capi della Sinagoga irati per la guarigione della donna inferma compiuta da Gesù di sabato:

Ipocriti, ognuno di voi non scioglie di sabato

il suo bue o l’asino dalla mangiatoia per condurli a bere?

E questa figlia di Abramo, che il demonio
 
tien legata da diciotto anni, non doveva essere sciolta

da questo legame in giorno di sabato? (Luca 13, 15-16)



“Figlia di Abramo” appunto, non figlia di Eva. L’appellativo “Figlia di Abramo” è una novità assoluta e pone la donna allo stesso piano dell’uomo “Figlio di Abramo”.

Numerose sono le donne che vengono a contatto con Gesù e tutte sono trattate, dal Nazareno, con amore o almeno con pietà. 
Come in altri casi, anche per la condizione femminile il pensiero di Gesù non è stato recepito ed attuato.
Gesù infrangendo i tabù connessi all’universo femminile ne aveva cercato il riscatto da tutte quelle condizioni di inferiorità che indubbiamente non condivideva. 

Nel momento più tragico e drammatico della vita di Gesù, secondo tutti i Vangeli,intorno alla croce si trovava un gran numero di donne che erano seguaci di Gesù, mentre la gran parte dei discepoli erano fuggiti o nascosti.
A quei tempi essere visti sul luogo delle crocifissioni, specialmente di condannati politici, era estremamente pericoloso. Storici romani ,tra cui Tacito , riferiscono di persone arrestate, ed uccise, solo perché viste mostrare segni di lutto accanto ad una croce. Le donne che attorniavano la croce erano ben consapevoli del rischio che correvano.
La Chiesa delle origini insegnava per il rito battesimale:

Tutti quanti siete stati battezzati in Cristo,

vi siete rivestiti di Cristo.

Non vi è più né Giudeo né Greco,

Non vi è Schiavo né libero,


Non vi è né maschio né femmina

ma tutti voi siete uno solo in Gesù Cristo. 

(Lettera ai Galati3,27-28) 





Successivamente nei primi secoli dell’era cristiana, le gerarchie ecclesiastiche hanno distorto il pensiero del Maestro, per sete di dominio, e la condizione femminile è stata tra le prime a soffrirne. 
La donna è quindi rimasta in subordine nonostante i diversi dettami delle Scritture e gli insegnamenti di Cristo ed è stata condannata alla discriminazione a causa del sesso. 
A nulla sono valse le grandi figure di donne proclamate sante o beate, lo spettro del “peccato” ,agitato dai grandi della Chiesa, ha relegato le donne in un piano secondario, assecondando e giustificando l’istinto di prevaricazione e dominio dell’uomo nei confronti della donna.


TALMUD (dall’ebraico,studio,insegnamento) Raccolta conservata in doppia versione, palestinese e babilonese, di trattati giuridici,religiosi e ritualistici del III-V sec d,C. che contengono la dottrina giudaica post biblica in forma di sentenze fondamentali e di interpretazioni e ampliamento di tali sentenze

http://lateladipenelope.forumattivo.com/t3441-i-pensieri-di-nicola

lunedì 4 marzo 2013

CHE COS'E' IL FEMMINICIDIO?


Che cos'è il femminicidio?

E' una categoria di analisi socio-criminologica delle discriminazioni e violenze nei confronti delle donne per la loro appartenenza al genere femminile .

E’ un neologismo con il quale si nomina ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna “in quanto donna”. 

E’ la violenza di genere in ogni sua forma. 

E’ l’esercizio di potere che l’uomo e la società esercitano sulla donna affinché il suo comportamento risponda alle aspettative dell’uomo e della società patriarcale, è la violenza e ogni forma di discriminazione esercitata nei confronti della donna che disattende queste aspettative. 

Questa forma di controllo annienta l’identità della donna, assoggettandola fisicamente e/o psicologicamente, economicamente, giuridicamente, politicamente, socialmente.

Il femminicidio e’ la punizione quotidiana per ogni donna che non accetta di ricoprire il proprio ruolo sociale, è il principale ostacolo alla autodeterminazione e al godimento dei diritti fondamentali di più di metà della popolazione mondiale.

Il femminicidio attraversa ogni epoca, ogni cultura, ogni luogo. Come ha sostenuto Bordieu, il dominio maschile sulle donne è la più antica e persistente forma di oppressione esistente.

Il femminicidio viola i diritti umani di metà della popolazione mondiale, spesso con la connivenza delle istituzioni. 



E’ del 2002 la notizia che la violenza maschile sulle donne costituisce la prima causa di morte al mondo per le donne tra i 16 ed i 44 anni. 

 Da allora, troppo poco è stato fatto dagli Stati a livello nazionale per contrastare gli omicidi di donne basati sul genere, e quella violenza in famiglia che troppo spesso (nel 70%  dei casi) li precede. 

Le Nazioni Unite tuttavia non sono rimaste insensibili a questa macroviolazione dei diritti umani. 

Già il Comitato per l’attuazione della Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne aveva chiesto a vari Stati, tra cui al Messico ed all’Italia (unico Paese europeo, nel 2011), di adottare misure specifiche per il contrasto al femminicidio, evidenziando come l’aumento dei casi potesse evidenziare un fallimento delle Autorità nel proteggere le donne dalla violenza, soprattutto domestica. 


Ma il 25 giugno 2012 è stato un giorno epocale per la lotta alla violenza maschile sulle donne: per la prima volta, ai delegati di tutti i Paesi del Mondo, riuniti a Ginevra, nel Palazzo delle Nazioni Unite, al Consiglio dei Diritti Umani, è stato sottoposto un Rapporto tematico sugli omicidi basati sul genere, elaborato dalla Relatrice Speciale dell’ONU contro la violenza sulle donne, Rashida Manjoo.




La Relatrice Speciale, nel suo rapporto afferma che :

a livello mondiale, la diffusione degli omicidi basati sul genere, 
nelle loro diverse manifestazioni, ha assunto proporzioni allarmanti
 e che “culturalmente e socialmente radicati, 
continuano ad essere accettati, tollerati e giustificati,
 e l’impunità costituisce la norma”.

Rashida Manjoo non manca di notare una certa ipocrisia in chi continua a definire gli omicidi basati sul genere “delitti passionali” in Occidente, come atto di un singolo individuo, e “delitti d’onore” a Oriente, quale esito di pratiche religiose o culturali. 

Questa dicotomia, spiega la Relatrice richiamando l’ottima criminologa Nadera Shaloub Kevorkian, esprime una visione concettuale semplicistica, discriminatoria e spesso stereotipata.

Gli omicidi basati sul genere nel Mondo si manifestano in forme anche diverse tra loro. Qualsiasi sia la forma in cui si manifestino, viene chiarito in via definitiva che:

 “Non si tratta di incidenti isolati che accadono all’improvviso, 
inaspettati, ma rappresentano piuttosto
 l’ultimo atto di un continuum di violenza”.

Ed infatti, la forma di femminicidio che accomuna tutte le donne del mondo è proprio l’uccisione a seguito di pregressa violenza subita nell’ambito della relazione d’intimità



Altre forme di femminicidio sono quelle legate alle accuse di stregoneria o di magia, diffuse in alcuni Paesi dell’Africa, dell’Asia e delle isole del Pacifico; gli omicidi di donne commessi in nome “dell’onore”; i genocidi perpetrati nell’ambito dei conflitti armati; le uccisioni di donne a causa della dote, assai diffusi in alcuni Paesi dell’Asia meridionale; gli omicidi di donne indigene e aborigene; le forme estreme di accanimento sui corpi delle donne in cui sono coinvolte la criminalità organizzata e le organizzazioni paramilitari; le uccisioni a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere (che sono in continuo aumento, tanto che il Consiglio dei Diritti Umani ha adottato una risoluzione rivoluzionaria sulle violazioni dei diritti umani basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, la n. 17/19); e le altre forme di uccisioni correlate al genere, come la pratica del sati (le vedove indiane bruciate vive sulla pira funeraria del marito) o l’aborto dei feti e l’uccisione delle bambine in quanto donne.

Un aspetto significativo di questo Rapporto tematico è la condanna dei media che spesso “hanno perpetuato stereotipi e pregiudizi”, anche se, riportando informazioni sulla relazione autore/vittima e su eventuali pregresse violenze, spesso “hanno aiutato a distinguere i femminicidi dagli altri omicidi di donne”.



La Relatrice Speciale ha individuato, tra le sfide principali per prevenire e contrastare il femminicidio: 

la difficoltà di una trasformazione sociale profonda in generale,
 le difficoltà nell’accesso alla giustizia
l’assenza o insufficienza di un discorso basato sui diritti umani 
nell’approccio agli omicidi di donne;
 la cecità delle disuguaglianze strutturali
 e la complessa intersezione
 tra le relazioni di potere nella sfera pubblica e privata
che rimane la causa più profonda
 delle discriminazioni sessuali e basate sul genere.

In Italia dall’inizio degli anni novanta è diminuito il numero di omicidi di uomini su uomini, mentre 
il numero di donne uccise da uomini è aumentato; 
 una donna su tre – in una età compresa tra i 16 e i 70 – è stata vittima di violenza. 
il 35% delle vittime non presenta denuncia. 
63 le donne uccise da maggio a giugno di quest’anno. 
Il 13% aveva chiesto aiuto per stalking. 


E’ un vero e proprio richiamo quello che il Consiglio per i diritti umani fa al governo italiano sollecitandolo a mettere il problema della violenza sulle donne all’ordine del giorno della politica nazionale.

 L’allarme che lancia non lascia dubbi: 

"La violenza contro le donne rimane
 un problema significativo in Italia».

Rashida Manjoo chiede che l’Italia si impegni 
«a eliminare gli atteggiamenti stereotipati circa i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini nella famiglia, nella società e nell’ambiente di lavoro».


Per l’Onu non è sufficiente che le donne restino le “centrocampiste del welfare”, come le definiva Dario Di Vico in un articolo in cui si sottolineava la fatica a conciliare lavoro e famiglia con il carico di lavoro casalingo per il 77% sulle spalle. 

«Le donne trasportano un pesante fardello in termini di cura delle famiglie, mentre il contributo degli uomini è tra i più bassi nel mondo», 

sottolinea il Rapporto. 
«In un contesto sociale patriarcale, 
dove la violenza domestica 
non viene sempre percepita come un crimine 
persiste la percezione che le risposte dello stato
 non siano appropriate e sufficienti».

Le leggi per proteggere le vittime ci sarebbero, riconosce Rashida Manjoo. Non sono, però, sufficienti.
Dipendenza economica, inchieste malfatte, un sistema di istituzioni e regole frammentato, lungaggine dei processi e inadeguata punizione dei colpevoli le rendono poco efficaci.




ECCO ALCUNI EVENTI RECENTI

20 febbraio 2013 -Funerali di Pina, il grido del prete :"Il silenzio è complice della violenza"

Commozione alle esequie della donna a cui il marito ha dato fuoco con la benzina, uccidendola. Il pianto della figlia. "Mai più violenza sulle donne".la donna è stata investita dal marito, Vincenzo Carnevale, che ha finto di soccorrerla per poi darle fuoco . La confessione shock e la folle giustificazione dell'uomo che l'ha investita, picchiata e poi data alle fiamme: "Mi ha rovinato la vita, si prendeva i miei soldi.."

 

12 febbraio 2013 -Un'altra donna uccisa. Un'altra vittima innocente.

Un'altra assurda storia con giovani vittime. E' morta ieri sera  presso l'Ospedale "Sant'Eugenio" di Roma, Olayemi Favour, la ventiquattrenne nigeriana data alle fiamme a Casal di Principe da un suo connazionale. 
La giovane, nella notte del 3 febbraio scorso, aveva tentato di difendere una sua amica dall'ex fidanzato, Abunsango Michael, 43enne pluripregiudicato, originario della Nigeria, che dopo essere stato respinto, aveva scatenato la sua ira, cospargendo l'abitazione di liquido infiammabile. 

 

24 gennaio 2013 -Vercelli, non accetta separazione, uccide la convivente.

L'uomo che ieri sera ha ucciso a Vercelli una donna albanese con 4 colpi di pistola non accettava la decisione della vittima che non voleva riallacciare i rapporti dopo tre anni di separazione

 

18 gennaio 2013- "Avvelenò madre e figlia di due anni" Ex primario condannato all'ergastolo.

Maurizio Iori era il responsabile del reparto oculistico dell'ospedale Maggiore di Crema quando, secondo
i giudici, uccise la donna e la bambina avuta da lei. La donna invocava un maggiore sostegno per la figlia.

 

17 gennaio 2013 - L'Aquila, spara all'ex moglie e al compagno. Duplice omicidio davanti a un supermercato

Il presunto assassino, si è consegnato ai carabinieri ed è stato arrestato. La donna, 36 anni, è stata uccisa nel parcheggio, in auto, l'uomo freddato con un colpo alla schiena mentre tentava di scappare.


18 gennaio 2013 - La Rete degli Studenti e l'Unione degli Universitari lanciano "Contro il femminicidio". Sui social network parte #cimettolafaccia. 
Una campagna online.
 L'obiettivo è portare la riflessione sulle violenze alle donne nelle scuole italiane. Con già molte adesioni da don Ciotti a Claudio Bisio