mercoledì 31 luglio 2013

Primo Levi - nacque il 31 luglio 1919

l'albero della vita



                                             http://www.fotografieitalia.it/foto.cfm?idfoto=8847

Mosaico dell'albero della vita nella chiesa madre san Nicola di Corigliano. 









Chiesa madre di San Nicola Vescovo  - Corigliano dOtranto

La chiesa madre di San Nicola Vescovo fu edificata nella seconda metà del XVI secolo sulle fondamenta di una preesistente cappella. Ristrutturata nel 1622, conserva alcuni elementi architettonici dell'antica struttura come il portale d'ingresso del 1573sormontato da una lunetta con le statue del Redentore, della Vergine e di san Nicola di Mira. La torre campanaria, risalente al 1465come risulta dal millesimo scolpito in caratteri greci che indica l'anno 6973, è inserita nelle mura urbane di epoca medievale e in origine fungeva da torre di vedetta. L'edificio è impostato su una pianta a croce latina a tre navate divise da colonne che reggono la copertura della navata centrale decorata da cordoni a fogliami. Nel 1878 i fratelli Maselli di Cutrofiano realizzarono il mosaico pavimentale raffigurante diverse scene bibliche che si snodano lungo l'Albero della vita, analogamente a quanto avviene nel pavimento della Cattedrale di Otranto. Nella navata destra sono posizionati gli altari di san Francesco di Paola, di san Nicola, disan Pietro Martire, dell'Immacolata e del Crocefisso. Nel transetto destro si erge il grande altare di san Nicola, intagliato nel 1716dal coriglianese Gaetano Carrone, e quello della Madonna del Carmine. Il transetto sinistro è occupato dall'altare della Madonna del Rosario, attiguo a questo il cappellone del Sacramento. Nella navata sinistra sono ospitati gli altari settecenteschi dei Santi Gaetano di Thiene e Ignazio di Loyola, disant'Antonio da Padova, di san Luigi Gonzaga e di sant'Oronzo. Sulla cantoria è collocato un organo a canne realizzato agli inizi del Settecento.
http://it.wikipedia.org/wiki/Corigliano_d'Otranto



ALBERO DELLA VITA - CATTEDRALE OTRANTO


Oh alberi della vita, a quando l’inverno? 
Noi non siamo in armonia. Non siamo in concordanza
come gli uccelli migranti. Superati e fuori tempo, 
così ci offriamo ostinati d’improvviso ai venti 
e precipitiamo in uno stagno d’indifferenza. 
Ugualmente noto a noi unitamente il fiorire e l’appassire. 
E in qualche luogo ancora vagano leoni e non sanno 
per impotenza fin quando saranno sovrani.
(Rainer M. Rilke, IV Elegia Duinese)








La Cattedrale di Otranto, posta nella parte più alta della cittadina è costruita sui resti di una domus romana, di un villaggio messapico e di un tempio paleocristiano. La facciata è dominata dal grande rosone centrale, ma è soprattutto il minuzioso mosaico presente sulla pavimentazione interna a lasciare a bocca aperta. Realizzato interamente con tessere di calcare locale molto duro, simboleggia il dramma dell’uomo nella lotta tra il bene e il mare, tra la virtù e il vizio.


Mosaico pavimentale, Cattedrale di Otranto, XII secolo, particolare





Questa opera, originale e conservata nella quasi totalità delle sue parti, offre uno spaccato della cultura dell'alto Medioevo e ci presenta un percorso in un labirinto teologico di cui, a volte, sfugge la vera interpretazione iconologica.
L'opera ha come figura centrale l'Albero della vita, lungo il quale si dipanano le principali rappresentazioni.[1] Al vertice dell'albero, vi è l'immagine del Peccato Originale e cioè la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell'Eden con il serpente del peccato che insidia Eva. Questo "episodio", centrale per la narrazione del mosaico, è preceduto in alto, nell'area del presbiterio da diverse figure, racchiuse in sedici medaglioni, che rimandano ad animali o figure umane mitiche (con un significato allegorico non sempre chiaro all'osservatore contemporaneo): un Toro, un Behemot, un Leviatano che inghiotte una lepre, un Dromedario rampante, unElefante con stella a cinque punte, una Lonza con volpe insanguinata, un'Antilope, un Centauro, un Cervoferito, un Unicorno (quest'ultimo, si ritiene, affiancato dalla raffigurazione di Pantaleone), la Regina di Saba, ilRe Salomone, una Sirena, un Leopardo e un Ariete. Fra alcuni medaglioni sono anche presenti figure animali, fra cui un asino che suona la lira.
VEDI  TUTTA LA DESCRIZIONE:  http://it.wikipedia.org/wiki/Mosaico_di_Otranto

sabato 20 luglio 2013

19 luglio strage di Via D'Amelio





In memoria di Paolo Borsellino 

Nell’Italia dei malfattori 
e delle cricche si oltraggia 
la memoria dei servitori dello Stato 
che hanno pagato con la vita 
la dedizione al bene comune. 
Nella Repubblica dei dossier 
e dei complotti le canaglie di sempre 
tramano per sovvertire la democrazia 
delle persone oneste che si indignano. 
Oggi i professionisti dell’antimafia 
si appellano alla legalità con un giustizialismo feroce 
per regolare i conti con l’avversario politico. 
Qualche sciacallo si confonderà tra la gente comune 
in via D’Amelio, dove diciotto anni fa 
un uomo giusto e la sua scorta sono stati massacrati 
dalla mafia e dagli omissis delle istituzioni.
          Nicola Vacca         

giovedì 11 luglio 2013

Vandana shiva

Vandana shiva





Nel breve saggio Povertà e globalizzazione] Shiva correla la povertà del terzo mondo agli effetti della globalizzazione. In esso si ritrovano in sintesi i punti chiave del suo pensiero, che ha esposto in altri libri.
« Noi possiamo sopravvivere come specie solo se viviamo in accordo alle leggi della biosfera. La biosfera può soddisfare i bisogni di tutti se l'economia globale rispetta i limiti imposti dalla sostenibilità e dalla giustizia. Come ci ha ricordato Gandhi: "La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di alcune persone". »
(Vandana Shiva)

http://it.wikipedia.org/wiki/Vandana_Shiva

LA ROSA DI VALENTINO



La storia di  Valentino ed  Eleonora e le loro rose

Documentario di Erica Barbiani   e Pier Paolo Giarolo

http://www.audiovisivofvg.it/product/eleonora-valentino-e-le-rose/

Diciassette anni fa Valentino, meccanico in pensione di Artegna, regala trenta rose antiche alla moglie Eleonora per festeggiare trent’anni di matrimonio. Quel giorno, Valentino non sa che nei prossimi vent’anni il giardino dietro casa, che confina con la statale, i binari della ferrovia e il campo da calcio comunale, crescerà fino ad ospitare duemila rose. Non immagina nemmeno che Eleonora, casalinga curiosa, vorrà conoscere la storia di ogni rosa. Gambi, spine, boccioli, petali e foglie portano addosso storie d’amore sacro, tenero e profano. “La rosa non è solo il simbolo dell’amore – racconta Eleonora – ma di tanti tipi d’amore!” Mentre Valentino pota, scava, brucia rami secchi e pianta nuove rose, Eleonora sfoglia libri e cataloghi, scrive lettere e battezza nuove rose. Senza l’aiuto di nessuno, la coppia trascorre assieme undici mesi di potature, bacche e spine per preparare una fioritura di sole tre settimane. Le rose antiche fioriscono solo a maggio, ma la loro bellezza mantiene Eleonora e Valentino vicini tutto l’anno. Nel roseto più grande d’Europa, l’amore è soprattutto quotidiano.

LIBERESO GUGLIELMI : IL GIARDINIERE RAMPANTE




http://www.sanremonews.it/2013/07/06/leggi-notizia/argomenti/eventi-1/articolo/il-giardiniere-rampante-quando-il-verde-e-commestibile-con-libereso-guglielmi-lunedi-su-rai-5.html#.Ud5V9DvWMrU


L’incontro di Serena Dandini con Libereso Guglielmi, registrato il 5 marzo  all’Auditorium Parco della Musica di Roma,  trasmesso su Rai 5 nell’ambito della rassegna Il Paradiso perduto. Il viaggio di Serena Dandini alla ricerca di un eden sostenibile, di una possibile inversione di rotta per il nostro Pianeta attualmente alla deriva.


http://www.mariazanolli.com/index.php/foodwine/il-giardiniere-di-calvino-incontro-con-libereso-guglielmi


IL GIARDINIERE DI CALVINO: INCONTRO CON LIBERESO GUGLIELMI

Ha le mani forti e nelle unghie i segni della terra.
Gliele guardo per la prima volta a tavola, al ristorante Melograno di Sanremo, mentre disegna un fiore sul mio taccuino. Sono seduta di fronte a Libereso Guglielmi, uno dei più grandi esperti di botanica al mondo, allievo di Mario Calvino, padre di Italo.
Abbiamo appena finito di mangiare flan di ricotta e fiori su vellutata di boraggine, proprio una delizia, soprattutto il gusto fresco dei petali di viola.
È la mia prima volta con i fiori e non so se sono più emozionata per le sensazioni culinarie che sto provando o perché ho davanti un grande maestro che ha vissuto nello stesso giardino di uno dei miei scrittori preferiti.
Da dove iniziare? Sono quegli incontri che vorresti tenere sospesi sul filo del tempo. Mi ero preparata mille domande sul suo rapporto con Calvino, pur sapendo di andar fuori tema, visto che l’articolo era stato pensato per parlare della cucina con i fiori. Ma come succede in certe occasioni speciali tutto quello che avevo ipotizzato prima dell’incontro non avvenne mai. È stato molto di più. Dal momento in cui ci siamo stretti la mano fino al giorno seguente, a casa di Libereso e nella sua “jungla”, le parole e i discorsi si sono intrecciati uno dopo l’altro toccando argomenti che mai mi sarei aspettata, a partire dalle storie curiose che stanno dietro ogni piccola pianta, fino ai grandi pensieri filosofici sul senso della vita e sulla ricerca della felicità. Che per Libereso è semplice, gliel’ha confidato un Lama incontrato durante uno dei suoi viaggi a sco- prire piante fiori. “Sdraiati in un prato, e quando sentirai le gioie della terra per la nascita di un seme, tu sarai un uomo felice”. Mi sembra un ottimo messaggio per entrare nel mondo di Libereso, un ottantacinquenne senza tempo, che ha un sacco di cose da insegnarci.
I latini dicevano nomen omen ovvero nel nome è il destino. Ti ritrovi?
Direi di sì. Mio padre mi ha chiamato Libereso pensando a far crescere un uomo libero.
La mia legge è da sempre la libertà, la mia patria è il mondo intero. Il tuo pensiero dev’essere sempre libero. “Io non cerco nulla da te, tu non cerchi nulla da me”.
La cosa più bella è essere se stessi e cercare di stare in pace col mondo.
Quindi gli insegnamenti di tuo padre, un grande pensatore ed esperantista, hanno influito sulla tua vita?
Ho sempre ammirato mio padre. Era un pensatore potente, parlava l’esperanto, mi ha insegnato moltissime cose.
Ce ne dici una?
Non bisogna mai chiedere scusa a qualcuno. L’importante è non sbagliare, non fare del male.
Il tuo pensiero è molto delicato, un po’ come i fiori, ma tu li mangi abitualmente i fiori, vero?
Beh sì, quella del mangiare fiori è una pratica perduta, risale a 3000 anni a.C., viene dall’antico Egitto. Noi pensiamo che il fiore sia qual- cosa di diverso dal resto della pianta, però, per esempio, mangiamo il carciofo che è un fiore, come il cavolfiore, le cime di rapa, e allora perché una violetta o un geranio non dovrebbe essere buoni solo perché sono identificati come fiori?
In effetti le violette che abbiamo mangiato stasera erano ottime…
Pensa che le viole si mangiavano anticamente, condite con olio e sugo d’acacia.
La fantasia della cucina con i fiori è infinita e potrebbe aiutare gli chef a creare piatti più interessanti, non trovi?
Sì, tra le erbe che abbiamo nei nostri prati ci sono almeno 200 varietà di piante mangerecce che non conosciamo. Nel mio giardino a Sanremo, che ormai è diventata una giungla, ho raccolto semi e piante da tutto il mondo.
Hai viaggiato moltissimo quindi?
Sì, quasi tutto il mondo. Viaggiare è tutto. E bisogna “rubare”, accumulare, conoscere. Cerco di dirlo anche ai bambini che incontro.
So che vai a trovare i bambini nelle scuole. Cosa gli insegni?
Gli insegno a disegnare, non solo le piante, ma anche personaggi, animali, storie. Quando ero ragazzo di giorno stavo nel giardino di Calvino e la sera andavo da Rubino, quello del Corriere dei Piccoli. Mario Calvino è stato un maestro eccellente. Era un grandissimo agronomo e ho imparato molto nel giardino della sua villa che era un campo sperimentale.
Ovviamente questa tua passione per i fiori e per le piante nasce da una filosofia generale sulla natura e sulla vita? Dobbiamo essere figli della natura, conoscerla, amarla. Io ho il mio “giardino dei pensieri”: me lo sono creato e tutti potrebbero farlo. Quando sono stanco della vita moderna, guardo nel prato dei miei pensieri e controllo che non ci sia qualche pianta invasiva che mi porta a pensare a cose brutte come la guerra, l’intolleranza. Se ne trovo qualcuna la elimino.
A proposito di piante velenose, come si riconoscono?
Spesso i fiori sono neri o hanno un odore sgradevole.
E il tuo rapporto con gli animali?
L’animale è mio amico, io gli amici non li mangio.
Quindi sei vegetariano?
Sì, non vegano, mangio uova e formaggio.
Tu hai 85 anni, ma negli occhi e nelle parole lo sguardo e la voce di un bambino che sa tantissime cose e non smette di imparare. Quindi, in tutto quello che mi racconti, c’è il segreto dell’eterna giovinezza?
Non lo so, io non ho etichette, sono un libero pensatore e sono sempre me stesso. Pensa che qualche anno fa ero miope, ma con infusi di ruta ho perso anche la miopia. Adesso ci vedo benissimo.
Non so se è la ruta, comunque a me ricorda il segreto della volpe che diceva al Piccolo Principe: “Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”.
(Articolo pubblicato su Baccus, luglio-agosto 2010)




IL GIARDINO DI LIBERESO GUGLIELMI:






martedì 9 luglio 2013

FEMMINICIDIO - per saperne di più

Femminicidio

di Barbara Leda Kenny
05/06/2013

Come nasce, e cosa significa, la parola "femminicidio"
Il movimento delle donne ha fortemente spinto affinchè il termine "femminicidio" (o "Femmicidio"), che ultimamente nelle cronache sentiamo tanto, si affermasse nel discorso pubblico. Ma da dove viene? Siamo andate a studiare tra gli scritti di Barbara Spinelli, una giurista di Bologna che da anni, attraverso il suo blog, fornisce informazioni e con altre giuriste e associazioni porta avanti una battaglia per il riconoscimento del femminicidio Come violazione dei diritti umani. 
Il termine (femicide) è stato diffuso per la prima volta da Diana Russell che, nel 1992, nel libro Femicide: The Politics of woman killing, attraverso l’utilizzo di questa nuova categoria criminologica, molto tempo prima di avere a disposizione le indagini statistiche che ci confermano ancora oggi questo dato, “nomina” la causa principale degli omicidi nei confronti delle donne: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna». “Il concetto di femmicidio si estende al di là della definizione giuridica di assassinio ed include quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l'esito/la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine.”
La teoria di Diana Russell diviene universalmente nota ed utilizzata da numerose scienziate per analizzare le varie forme di femminicidio (delitto d’onore, lesbicidio, ecc.).
Nello specifico, viene ripresa dalle sociologhe, antropologhe e criminologhe messicane per analizzare i fatti di Ciudad Juarez, e viene adattata a descrivere non solo le uccisioni di genere ma ogni forma di violenza e discriminazione contro la donna “in quanto donna”.
Femminicidio (feminicidio) è per Marcela Lagarde «La forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine -maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale- che comportano l’impunità delle condotte poste in essere tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi, incidenti, morti o sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia».
Quando parliamo di femminicidio quindi non stiamo semplicemente indicando che è morta una donna, ma che quella donna è morta per mano di un uomo in un contesto sociale che permette e avalla la violenza degli uomini contro le donne.  Inoltre, quando parliamo di femminicidio, parliamo del culmine di una violenza che non esplode all’improvviso, ma che l’aggressore ha già rivolto contro quella o altre donne in molte altre forme. Per esempio, è più che verosimile che un marito che uccide la moglie l’abbia vessata per anni, che a monte della separazione da un ex che poi “uccide per gelosia” ci sia una fuga dalla violenza di quest’ultimo, ecc.
In Messico dove il discorso sui femminicidi è più radicato una Commissione Speciale parlamentare che, per un arco temporale di dieci anni, ha rielaborato le informazioni reperite presso varie istituzioni (procure generali, ONG, istituzioni di donne e di statistica, Corte suprema, organizzazioni civili, giornali) verificando che l’85% dei femminicidi messicani avviene in casa per mano di parenti, e che riguardava non soltanto le donne indigene ma anche studentesse, impiegate, donne di media borghesia. Ogni stato del Messico è stato mappato: dati ufficiali e dati delle ONG, situazione legislativa, misure adottate per il contrasto alla violenza di genere, numero di progetti sul territorio indirizzati alle donne e di centri antiviolenza.Il risultato? Hanno verificato che il 60% delle vittime di femminicidio aveva già denunciato episodi di violenza o di maltrattamento.
In Italia purtroppo siamo lontani dall’avere una fotografia della realtà. Non vengono prodotte statistiche, non c’è un rilievo dei dati, spesso non viene neanche prodotta informazione. L’indagine Istat del 2007  dava numeri allarmanti, che avrebbero dovuto richiedere non solo interventi capillari di prevenzione e contrasto, ma anche un approfondimento del fenomeno.  Eppure non abbiamo dati disaggregati per genere né delle vittime né dei perpetratori dei reati collegati alla violenza sulle donne. I numeri delle vittime di femminicidio vengono ricostruiti attraverso la cronaca e non forniti da fonti ufficiali attraverso un rilievo sistematico. Numeri quindi, che sono molto probabilmente sottostimati, visto che non tutte le vittime passano per la cronaca, e comunque suscettibili di essere influenzati dalla diversa sensibilità e percezione dei media nel tempo. E, soprattutto, non abbiamo un’idea del variare nel tempo del fenomeno, visto che dal 2007 non sono state fatte ulteriori indagini con la stessa metodologia.

Per saperne di più:
Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale di Barbara Spinellihttp://www.francoangeli.it/ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=16034&Tipo=Libro
Amore e violenza. Il fattore molesto della società di Lea Melandri http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833921945

Amorosi Assassini
http://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788842085140 di Addis Saba, Cristiana di San Marzano, Elena Doni, Paola Gaglianone, Claudia Galimberti, Elena Gianini Belotti, Lia Levi, Dacia Maraini, Maria Serena Palieri,Francesca Sancin, Mirella Serri, Simona Tagliaventi, Chiara Valentini
L'ho uccisa perché l'amavo Falso! di Loredana Lipperini e Michela Murgia http://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1097&Itemid=101
Ferite a morte di Serena Dandini http://www.feriteamorte.it/
Il deserto delle morti silenziose di Alicia gaspar de Alba http://www.lanuovafrontiera.it/catalogo/liberamente/item/66-il-deserto-delle-morti-silenziose
Il femminicidio in Italia nell’ultimo decennio, Eures 2012




venerdì 5 luglio 2013

Giuseppe Garibaldi



Il 4 luglio 1807 nasceva Giuseppe Garibaldi

 l’eroe il cui nome è diventato quasi un sinonimo di Italia. 

È il nome di un combattente gentile e generoso che ha dato un’anima alle lotte per l’indipendenza e l’unità e oggi ai nostri libri di storia, alle vie che gli sono state dedicate, alle piazze che fanno da corona alle tante sue statue.



 Memoriale Garibaldi a Caprera

 Paolo Peluffo,  29 giugno , Terre Meravigliose