sabato 26 giugno 2010

la musica medievale

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 Mentre in Italia si sviluppava la civiltà dei Comuni, in Francia si consolidava il concetto di corte: era come un'isola di civiltà e cultura, in cui si svolgeva una vita autonoma, slegata spesso dalle vicende politiche e dai conflitti religiosi, ispirata agli ideali di "cortesia" e della "cavalleria", fondata principalmente su un elegante cerimoniale, sull'omaggio galante, sul divertimento spensierato.

 

Un Trovatore 
si accompagna con un strumento 
antico simile alla nostra chitarra
 
L'atmosfera di questo mondo rifluì in quella produzione tipicamente cortigiana e aristocratica che è la lirica trovadorica.

Il movimento trobadorico fu il primo movimento poetico della letteratura europea in
lingua volgare ed ebbe nascita in Provenza, nel sud della Francia veso il 1100 diffondendosi poi nel nord della Francia ma anche in Germania, in Spagna e in Italia. 

Il nome trovatore deriva dal provenzale trobador, riconducibile al latino medievale tropatore ossia "inventore di tropi": il tropus è infatti un genere di componimento in versi che nel corso del XV secolo era particolarmente diffuso nel canto liturgico e in particolar modo nell'abbazia di San Marziale di Limoges.

Un Troviero
di corte
recita alcuni versi


La sua origine è riconducibile alle corti feudali in una civiltà "cortese" in cui il trovatore svolge la sua attività da professionista, provvedendo sia all'aspetto poetico sia a quello più strettamente musicale.

Le liriche erano dunque non erano destinate alla lettura bensì al canto e alla recitazione da parte dello stesso trovatore o di un giullare (dal latino joculator), che spesso popolava fiere e corti: si può anche pensare ad una divisione professionale dei compiti in cui al trovatore spettava un compito di compositore mentre al giullare era poi affidata l'esecuzione, sebbene tale distinzione non appare sempre così netta.


Trovatori (dall'antico francese trobar, trovare rime, versi, metri) si chiamarono quei poeti-musicisti che si servivano della lingua d'oc diffusa nella Francia meridionale, mentre in lingua d'oil (che sarà la base del francese moderno) poetavano i trovieri della Francia settentrionale.
Non bisogna confondere i trovatori con i menestrelli e i giullari, essi non erano come i secondi girovaghi in cerca di un posto stabile e sicuro, tutt'altro.

martedì 8 giugno 2010

Carmina burana

Il brano "In taberna quando sumus" è tratto da una raccolta di canti medioevali di musica profana denominati Carmina Burana, risalenti alla prima metà del XIII secolo e, forse, prima.
Il manoscritto che li raccoglie fu ritrovato nel 1800 presso il Monastero benedettino di Beuren, in Baviera, e pertanto i Canti presero il nome di Carmina Burana, cioè Poesie di Beuren.
Questi canti scritti in latino e volgare sono composizioni scherzose, le cui partiture sono arrivate a noi solo parzialmente musicate; sono stati ricomposti nel 1937 dal musicista tedesco Carl Orff (1895 – 1982).

http://youtu.be/DZ71CQiDBp

Carmina burana

Carmina Burana . in taverna quando sumus
In taberna quando sumus
Non curamus quid sit humus
Sed ad ludum properamus
Cui semper insudamus
Quid agatur in taberna
Ubi nummus est pincerna
Hoc est opus ut queratur
Si quid loquar, audiatur

Quidam ludunt, quidam bibunt
Quidam indiscrete vivunt
Sed in ludo qui morantur
Ex his quidam denudantur
Quidam ibi vestiuntur
Quidam saccis induuntur
Ibi nullus timet mortem
Sed pro Baccho mittunt sortem:

Hier ein Spiel, ein Trunk daneben
Dort ein wahres Heidenleben
Wo des Spieles wird gepflogen
Sieht sich mancher ausgezogen
Klopft ein anderer stolz die Tasche
Liegt der Dritt in Sack und Asche
Wer wird um den Tod sich scheren?
Losung ist: Zu Bacchus Ehren! Quando siamo all'osteria
Non ci curiamo più del mondo
Ma ci affrettiamo al gioco
Al quale sempre ci accaniamo
Che si faccia all'osteria
Dove il soldo fa da coppiere
Questa è cosa da chiedere
Si dia ascolto a ciò che dico

C'è chi gioca, c'è chi beve
C'è chi vive senza decenza
Ma tra coloro che attendono al gioco
C'è chi viene denudato
Chi al contrario si riveste
Chi di sacchi si ricopre
Qui nessuno teme la morte
Ma per Bacco tentano la sorte:

Qui un gioco, insieme a una bevuta
Là una vera vita da miscredente
Dove c'è l'abitudine del gioco
Si vedono alcuni che si spogliano
Un altro batte orgogliosamente la tasca
Il terzo giace tra sacchi e cenere
Chi si curerà della morte?
La parola d'ordine è: onore a Bacco!

Carmina Burana

(O Fortuna, apertura dei Carmina Burana)

Testo Originale

O Fortuna, velut Luna statu variabilis, semper crescis aut decrescis; vita detestabilis nunc obdurat et nunc curat ludo mentis aciem,egestatem potestatem dissolvit ut glaciem.
Sors immanis et inanis rota tu volubilis status malus vana salus semper dissolubilis, obumbrata et velata mihi quoque niteris; nunc per ludum dorsum nudum fero tui sceleris.
Sors salutis et virtutis mihi nunc contraria est affectus et defectus semper in angaria.
Hac in hora sine mora cordum pulsum tangite; quod per sortem sternit fortem mecum omnes plangite!

Traduzione

O Fortuna, cangi di forma come la luna, sempre cresci o cali; l’odiosa vita ora abbatte ora conforta a turno le brame della mente, dissolve come ghiaccio miseria e potenza.
Sorte possente e vana, cangiante ruota, maligna natura, vuota prosperità che sempre si dissolve, ombrosa e velata sovrasti me pure; ora al gioco del tuo capriccio io offro la schiena nuda.
Le sorti di salute e di successo ora mi sono avverse, tormenti e privazioni sempre mi tormentano.
In quest’ora senza indugio risuonino le vostre corde; come me piangete tutti: a caso ella abbatte il forte!

Carmina Burana - 14. In taberna quando sumus

Carl Orff: Carmina Burana

Canti gregoriani


Il canto gregoriano è un genere musicale vocale, monodico e liturgico, proprio della Chiesa cattolica romana.Viene elaborato nel Medioevo a partire dal VIII secolo dall'incontro del canto romano antico con il canto gallicano nel contesto della rinascita carolingia.


Il canto gregoriano è un canto liturgico, solitamente interpretato da un coro o da un solista chiamato cantore (cantor) o spesso dallo stesso celebrante con la partecipazione di tutta l'assemblea liturgica. È finalizzato a sostenere il testo liturgico in latino.
Deve essere cantato a cappella, cioè senza accompagnamento strumentale, poiché ogni armonizzazione, anche se discreta, altera la struttura di questa musica.
In effetti, si tratta di un canto monodico, è una musica cioè che esclude la simultaneità sonora: ogni voce che lo esegue canta all'unisono.
Non è cadenzato, ma è assolutamente ritmico. Il suo ritmo è molto vario. Nei passaggi salmodici o sillabici, il ritmo proviene principalmente dalle parole. Nei passaggi neumatici o melismatici, è la melodia che diventa preponderante. Queste due componenti sono costantemente presenti.
È una musica recitativa che predilige il testo in prosa, che prende origine dal testo sacro e che favorisce la meditazione e l'interiorizzazione (ruminatio) delle parole cantate.
Il canto gregoriano non è un elemento ornamentale o spettacolare che si aggiunge alla preghiera di una comunità orante, ma è parte integrante ed efficace della stessa lode a Dio , al servizio ed alla comprensione della parola di Dio.

È questo il significato più profondo ed intimo di questo genere musicale.

Verdi: Requiem, Dies irae

mozart - dies irae

Gregorian Chant - "Dies Irae"

Canto Gregoriano,Stabat Mater

mercoledì 2 giugno 2010

2 GIUGNO FESTA DELLA REPUBBLICA

LA NASCITA DELLA REPUBBLICA ITALIANA
25 aprile 1945 liberazione dal nazifascismo

2 giugno 1946 referendum istituzionale e elezioni per l’Assemblea    costituente

10 febbraio 1947 firma del trattato di pace e cessione delle colonie

1 gennaio 1948 entrata in vigore della Costituzione repubblicana

18 aprile 1948 prime elezioni politiche

1949 adesione dell’Italia alla Nato

2 GIUGNO 1946 
Per la prima volta tutti i cittadini italiani, uomini e donne, sono chiamati alle urne. Dovranno decidere fra monarchia e repubblica ed eleggere i loro rappresentanti all'Assemblea Costituente 

Nel referendum la repubblica prevalse con il 54,35%  dei suffragi.

I risultati delle elezioni per l'Assemblea Costituente diedero la seguente composizione:
                                            voti        deputati
Democrazia Cristiana         35,1 %      207
Partito socialista                20,7          115
Partito comunista              18,9          104
Liberali                              6,8            41
Fronte Uomo qualunque      5,3            30
Repubblicani                     4,4            23
Blocco nazionale               2,8            16
Partito d'azione                 1,4             7                 
Altri                                4,6            13

I deputati eletti appartenevano a partiti che si ispiravano a ideologie molto diverse, eppure la Costituzione fu approvata quasi all'unanimità, con 453 voti favorevoli e solo 62 contrari.
Questo risultato fu possibile per due ragioni:
-un forte ideale antifascista accomunava la quasi totalità dei deputati;
-le forze politiche maggiori seppero fare reciproche rinunce e concessioni e riuscirono a trovare un compromesso che permise di giungere a decisioni




“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”.
            Piero Calamandrei


I principi fondamentali della repubblica italiana

Secondo la dottrina la Costituzione è caratterizzata da alcuni principi non revisionabili fondamentali che ne hanno ispirato la redazione.

Principio personalista

La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'art. 2: in esso infatti si dice che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo". Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato ma ad esso preesistenti. Tale interpretazione è agevolmente rinvenibile nella parola "riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa. Tale impostazione, stimolata dalla componente d'ispirazione cattolica dell'assemblea costituente, fu il frutto di una sentita reazione al totalitarismo e alla concezione hegeliana dello Stato che in esso si propugnava.

Principio di laicità

La Costituzione all'art. 7 sancisce che Stato italiano e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti. Il principio di laicità, che non ha nella Costituzione italiana un richiamo diretto e letterale, così come avviene in altre Carte costituzionali, è stato ricostruito dalla Corte costituzionale sulla base di quanto espresso nell'articolo 7 e degli altri articoli.
«Il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale».[9]

Principio pluralista

È tipico degli stati democratici. Pur se la Repubblica è dichiarata una ed indivisibile, è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (art. 2), degli enti politici territoriali (art. 5), delle minoranze linguistiche (art. 6), delle confessioni religiose (art. 8), delle associazioni (art. 18), di idee ed espressioni (art. 21), della cultura (art. 33, com. 1), delle scuole (art. 33, com. 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura (art. 33, com. 6), dei sindacati (art. 39) e dei partiti politici (art. 49). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne.

Principio lavorista

Ci sono riferimenti già agli art. 1, com. 1 ed all'art. 4, com. 2. Il lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale. Non è solo un diritto, bensì anche un dovere che eleva il singolo. Non serve ad identificare una classe. Nello stato liberale la proprietà aveva più importanza, mentre il lavoro ne aveva meno. I disoccupati, senza colpa, non devono comunque essere discriminati.

Principio democratico

Già gli altri tre principi sono tipici degli stati democratici, ma ci sono anche altri elementi a caratterizzarli: la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi; il principio di maggioranza ma con tutela della minoranze (anche politiche); processi decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti; ma soprattutto il principio di sovranità popolare (art. 1, com. 2).

Principio di uguaglianza

Come è affermato con chiarezza nell'art.3, tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1) e devono essere in grado di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2) Riguardo al principio di uguaglianza in materia religiosa, l'art. 8 dichiara che tutte le confessioni religiose, diverse da quella cattolica, sono egualmente libere davanti alla legge.

Principio solidarista

Esistono doveri civici di solidarietà politica, sociale ed economica tra i cittadini. Il principale riferimento è l'art. 2, com. 2; essi rappresentano l'interpretazione che la Costituzione ha dato al concetto di stato sociale.

Principio internazionalista

Come viene sancito dall'art. 10, l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; ciò comporta un "rinvio mobile" ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro ordinamento. Inoltre l'art. 11 consente, in condizioni di parità con gli altri stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni.

Principio pacifista

Come viene sancito all'art. 11, la Repubblica italiana ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (ovvero consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio in caso di attacco militare da parte di altri paesi, ma non con intenti espansionisti) e accetta una limitazione alla propria sovranità (ad esempio accetta di ospitare sul proprio territorio forze armate straniere) nell'intento di promuovere gli organismi internazionali per assicurare il mantenimento della pace e della giustizia fra le Nazioni.
Si intende comunemente che questa seconda parte consenta all'Italia di partecipare ad una guerra in difesa di altre nazioni con le quali siano state instaurate alleanze (ad esempio in caso di attacco armato ad un paese membro della NATO).
Appare invece di controversa interpretazione il fatto se sia rispettoso di questo principio costituzionale il partecipare ad azioni di peace-enforcing o guerre che non rispondono ad azioni di offesa esplicita (vedasi il caso della guerra d'Iraq del 2003).

http://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_della_Repubblica_Italiana


La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegiare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.

Calamandrei – Discorso agli studenti milanesi (1955)