lunedì 16 novembre 2009

DIRITTI UMANI



I diritti umani sono i diritti che appartengono all'uomo in quanto tale. 
Quindi, il diritto alla vita e all'integrità fisica,
che si oppone a ogni forma di uccisione individuale o di massa
e ad ogni forma di oppressione, tortura, 
incarcerazione senza processo. 
Da questo diritto generale 
alla vita discendono 
tutta una serie di altri diritti, per consentire all'uomo di poter vivere,
quindi il diritto all'eguaglianza senza discriminazioni, al lavoro, al nutrimento, alla salute, all'educazione. 
Per estensione, anche i 
possono essere compresi fra i diritti umani, 
in particolare nei Paesi in cui essi non vengono riconosciuti o vengono limitati.


http://www.pbmstoria.it/dizionari/dizcittadino/lemmi/157.htm

ROMA 16 NOVEMBRE 2009 VERTICE FAO SULLA FAME NEL MONDO


Vertice Fao, mancano i paesi ricchi. Benedetto XVI: basta speculazioni sui prodotti alimentari

Ogni anno circa sei milioni di bambini muoiono per fame e denutrizione




L'organizzazione per l'alimentazione
e l'agricoltura dell'Onu fotografa una situazione tragica,


in cui le cause di mortalità infantile restano malattie curabili come la dissenteria, la polmonite e la malaria. 
Oggi nel mondo sono 852 i milioni di persone che soffrono di fame, di cui 815 nei paesi sottosviluppati, 28 in quelli in transizione e 9 nei Paesi industrializzati.

Se fame e malnutrizione sono le cause della povertà, dell'analfabetismo e degli alti tassi di mortalità, il rapporto dell'agenzia Onu si sofferma sulla necessità di mettere in pratica le politiche di aiuto utili per combattere la fame nel mondo, obiettivo del World Food Summit (Wfs) del 1996 e uno degli obiettivi del millennio (Mdg), da realizzare nel 2015.
 
Il vertice dalla FAO,  l'organizzazione dell'Onu che combatte la fame nel mondo, sulla sicurezza alimentare si è aperto oggi a Roma.

Si rischia il nulla di fatto, malgrado il monito di Benedetto XVI che alla platea di capi di Stato e di governo sottolinea la vergogna di un mondo che di fronte alla fame non nasconde "opulenza e sprechi".

Assenti i Paesi ricchi - L'Occidente si nota solo per la sua assenza. 

Il Papa sostiene che la fame non dipende dalla questione demografica :
- Il numero delle persone che soffrono la fame sta subendo una "drammatica crescita"  nonostante la terra sia in grado di "nutrire a sufficienza tutti i suoi abitanti". 
Questo dimostra come non vi sia alcuna relazione di "causa-effetto tra la crescita della popolazione e la fame", ha detto Ratzinger, che ha indicato "nell'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, nella diminuzione di disponibilità economiche delle popolazioni più povere e nel limitato accesso al cibo" le cause della fame.


 Il direttore generale della Fao Jacques Diouf :  Muore di stenti un bambino ogni sei secondi -
I governi mondiali hanno abbassato la guardia sulla sicurezza alimentare e "si stanno invece ancora addensando quelle ombre che hanno portato alla crisi precedente", mentre il dramma della fame affligge oltre un miliardo di persone.


 Accorato appello del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon: 
oggi moriranno più di 17mila bambini -  "Oltre 17mila bambini moriranno oggi di fame: uno ogni cinque secondi, 6 milioni in un anno. Il mondo ha cibo più che sufficiente" ha osservato Ban, "e nonostante questo oltre un miliardo di persone sono affamate. Questo è inaccettabile".


 le accuse di Gheddafi - Il leader libico ha denunciato "la palese ipocrisia" delle potenze coloniali, che hanno "saccheggiato" e fatto "man bassa" delle risorse di interi continenti come l'Africa, l'Asia e l'America Latina causando miliardi di affamati. Durante il suo discorso al summit Fao sulla sicurezza alimentare in corso a Roma, Gheddafi ha avvertito come sia arrivato il momento che "le potenze coloniali compensino quanti sono stati saccheggiati: non chiediamo un'elemosina ma rivendichiamo un nostro diritto". 

Berlusconi non sa far meglio che dire una barzelletta.

Approvato per acclamazione il documento finale - La bozza del documento finale del vertice sulla sicurezza alimentare prevede cinque azioni da mettere in campo per combattere la fame e chiede anche ai governi di assicurare ai Paesi in via di sviluppo i soldi promessi:
1- investire nei programmi di sviluppo rurale predisposti dai singoli governi.
2-implementare il coordinamento strategico a livello nazionale, regionale e globale per migliorare la governance
3-promuovere una migliore collocazione delle risorse.
4-continuare a studiare le buone pratiche per promuovere investimenti responsabili nell'agricoltura internazionale.


16 novembre 2009

I GIOVANI E LA SCUOLA

I giovani non conoscono il passato e non sognano il futuro
così sprecano se stessi consumando l’eterno presente 
Chi ricorda e chi progetta non consuma quanto deve - L’hic et nunc, il qui e adesso, domina imperialmente. Il sapere come accumulo di esperienze, come somma di infinite avventure umane, è sbranato dall’attimo fuggente, che si presenta come pura emozione priva di premesse e di conseguenze. Io insegno in una scuola dedicata a Giovanni Falcone: ebbene, quasi nessuno sa chi fosse. Io lo ricordo, gli studenti ascoltano e tra una settimana già hanno dimenticato. L’oblio è la condizione necessaria perché il desiderio, unico motore della nostra società consumista, possa rinnovarsi senza ritardi o contrasti. Chi ricorda e chi progetta non consuma quanto deve. Dobbiamo ritrovare il senso del tempo, se vogliamo veramente amare la vita, che è breve e che può essere anche molto stupida, se le neghiamo passato e futuro.
Marco Lodoli
09 novembre 2009

domenica 15 novembre 2009

una poesia (come la musica) dice ciò che le parole non possono dire


SINTONIA


Quando con gli occhi chiusi, nell'infinito buio
ascolti meglio, il risveglio di quelle frequenze
che ti avvolgono e ti accompagnano
in un viaggio mentale,
in un viaggio musicale
dove il ritmo sale, per poi scendere
e ritornare come prima, come un disco che gira
per iniziare poi con un nuovo discorso

Quando la musica non è più musica
Quando la musica diventa magia

Nicola Contini VA ele     a.s.2009/2010








Foscolo ispira


dopo la lettura dei Sepolcri di Foscolo


Morte

O morte
Tu che arrivi sempre senza avviso
E porti via con te
Le anime più sofferenti di questa vita
Portandomi via
La cosa più cara
Che avevo con me

O morte
Io mi chiedo se sia utile
Diventare qualcuno in questa vita
Poichè in un modo o nell'altro
Un giorno
Farai visita a tutti noi

O morte
La tua stessa esistenza dipende dal tempo
E' un ciclo che si ripete
Si nasce e si muore
Al tuo pensiero
Sono legate infinite domande
E io penso di aver trovato una possibile risposta

O morte
Nella vita
Bisogna impegnarsi e diventare qualcuno
Per illudersi del tuo non arrivo
Per illudersi, in vita, di essere ricordati
In quanto è l'illusione
L'unica arma per sconfiggerti


Vincenzo Pilo VA EL      a.s. 2009/2010

martedì 10 novembre 2009

9 novembre 1989- IL MURO DI BERLINO



Parole profetiche scritte quando il muro faceva ancora paura:
"Irgendwann fällt jede Mauer" - Prima o poi ogni muro cade.






9 novembre 1989- 9 novembre 2009

Il muro è caduto da venti anni  
e nel commemorare l’anniversario corre l’obbligo di riflettere 
sugli altri muri che affliggono l’umanità.
I muri della fame, della povertà, 
delle malattie, dell’intolleranza,
dell’odio razziale
della prevaricazione e delle guerre
http://www.agoravox.it/








Nel 1945, poco prima della fine della seconda guerra mondiale, nel corso della conferenza di Yalta venne decisa la divisione della Germania (e di Berlino) in quattro settori controllati e amministrati da Unione Sovietica, Stati Uniti d'America, Regno Unito e Francia. Il settore sovietico della città era di gran lunga il più esteso e occupava la maggior parte della metà orientale di Berlino: Friedrichshain, Köpenick, Lichtenberg, Mitte, Pankow, Prenzlauer Berg, Treptow e Weißensee (Berlino) Weißensee.
Nel 1948, il "Blocco di Berlino" da parte dell'Unione Sovietica portò all'attuazione del Ponte aereo per Berlino da parte degli Alleati per rifornire di viveri e generi di prima necessita' i tre settori occidentali.
Dal 1949 i tre settori controllati da Stati Uniti d'America, Francia e Gran Bretagna (Berlino Ovest), anche se nominalmente indipendenti, erano in effetti una parte di Germania Ovest completamente circondata dalla Germania Est.
Inizialmente ai cittadini di Berlino era permesso di circolare liberamente tra tutti i settori, ma con lo sviluppo della Guerra Fredda i movimenti vennero limitati; il confine tra Germania Est e Germania Ovest venne chiuso nel 1952 e l'attrazione dei settori occidentali di Berlino per i cittadini della Germania Est aumentò. Circa 2,5 milioni di tedeschi dell'est passarono ad ovest tra il 1949 e il 1961.
Per fermare l'esodo delle persone della Germania Est iniziò la costruzione di un muro attorno ai tre settori occidentali nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 a Berlino Est. Inizialmente questo consisteva di filo spinato, ma già il 15 agosto iniziarono ad essere utilizzati gli elementi prefabbricati di cemento e pietra destinati a formare la prima generazione di un vero e proprio muro. Il muro divideva fisicamente la città; quando circondò completamente Berlino Ovest, trasformò in pratica i settori occidentali in un'isola rinchiusa entro i territori orientali.

Michail Gorbačëv


È stato l'ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) dal 1985 al 1991, propugnatore dei processi di riforma legati alla perestrojka "ricostruzione"e alla glasnost' “trasparenza”, e protagonista nella catena di eventi che hanno portato alla dissoluzione dell'URSS e dello stesso PCUS.
La sua politica ha portato alla conclusione della guerra fredda.
È stato insignito nel 1990 del premio Nobel per la pace.

I blocchi militari della Guerra Fredda
La Guerra Fredda spaccò in due il mondo , anche militarmente. Si cominciò nel 1949 con il Patto Atlantico cui seguì, in diretta contrapposizione il Patto di Varsavia.
L’aspetto più visibile del contrasto fu l’erezione del muro di Berlino alcuni anni più tardi.
Il testo del trattato del Patto Atlantico rende bene la miscela di ideologia e di politica militare che ne stava alla base:
“Gli Stati partecipanti al presente trattato,
riaffermando la loro fede negli scopi e nei principi della Carta delle Nazioni Unite e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi,
decisi a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro retaggio comune e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, le libertà individuali e la prevalenza del diritto,
preoccupati di favorire nella zona dell'Atlantico del Nord il benessere e la stabilità,
decisi a riunire i loro sforzi per la loro difesa collettiva e per il mantenimento della pace e della sicurezza,
si sono accordati sul presente trattato dell'Atlantico del Nord:
[...] Allo scopo di raggiungere con maggior efficacia la realizzazione degli obiettivi del presente trattato, le parti, agendo individualmente e congiuntamente, in modo continuo ed effettivo, mediante lo sviluppo delle loro risorse e prestandosi reciproca assistenza, manterranno ed aumenteranno la loro capacità individuale e collettiva di resistenza ad un attacco armato [...]”.
Patto atlantico, 1949






L'erezione del muro
Nelle prime ore del 13 agosto del 1961 le unità armate della Germania dell'est interruppero tutti i collegamenti tra Berlino est e ovest e iniziavano a costruire, davanti agli occhi esterrefatti degli abitanti di tutte e due le parti, un muro insuperabile che avrebbe attraversato tutta la città, che avrebbe diviso le famiglie in due e tagliato la strada tra casa e posto di lavoro, scuola e università. Non solo a Berlino ma in tutta la Germania il confine tra est ed ovest diventò una trappola mortale. I soldati ricevettero l'ordine di sparare su tutti quelli che cercano di attraversare la zona di confine che con gli anni fu attrezzata con dei macchinari sempre più terrificanti, con mine anti-uomo, filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, e addirittura con degli impianti che sparavano automaticamente su tutto quello che si muoveva nella cosiddetta "striscia della morte".

13 agosto 1961: viene eretto il muro di Berlino
Bloccato quasi completamente il dissanguamento economico dello stato, negli anni 60 e 70 la DDR visse anch'essa un boom economico. Tra gli stati dell'est diventò la nazione economicamente più forte e i tedeschi cominciarono a rassegnarsi alla divisione. Di riunificazione si parlava sempre meno e solo durante le commemorazioni e le feste nazionali.
La caduta del muro
Quello che infine, per la grande sorpresa di tutti e nel giro di pochissimo tempo portò alla riunificazione furono due fattori: l'arrivo di Gorbaciov  come leader dell'Unione Sovietica e le crescenti difficoltà politiche ed economiche dei paesi dell'est e specialmente della DDR. Con la "Perestroika", cioè la radicale trasformazione della politica e della economia e con la "Glasnost", che doveva portare alla trasparenza politica, Gorbaciov cominciò a cambiare strada all'Unione Sovietica.



 Cronologia del muro:
  • 1945 - fine della seconda guerra mondiale
    1949
    - divisione della Germania
    1961
    - erezione del muro di Berlino, fortificazione del confine tra le due Germanie
    1989
    - caduta del muro
    1990
    - riunificazione della Germania

13 agosto 1961
  • Numero di persone fuggite dall'est all'ovest prima della costruzione del muro:
    - totale (1949-1961): ca. 2,6 milioni
    - media annuale (1949-1961): ca. 220.000
    - su una popolazione totale della ex-DDR di: 17 milioni
  • Abitanti di Berlino ovest che, fino al 1961, lavoravano ogni giorni all'est: ca. 12.000
  • Abitanti di Berlino est che, fino al 1961, lavoravano ogni giorni all'ovest: ca. 53.000

Il muro davanti alla porta di Brandeburgo
  • Lunghezza del muro di calcestruzzo: 106 km
  • Altezza media del muro di calcestruzzo: 3,60 m
  • Lunghezza di altri impianti con recinti fortificati e filo spinato: 127,5 km
  • Altezza media dei recinti fortificati: 2,90 m
  • Torri di osservazione al confine intorno a Berlino: 302
  • Larghezza della striscia di territorio all'est (vicino al muro o vicino al confine tra le due Germania) al quale si poteva accedere solo con un permesso speciale: da 40 m a 1,5 km 
















  •  
    • Persone fuggite da Berlino est a ovest:
      - a piedi, nei primi due mesi nei punti non ancora completamente fortificati:
        ca. 600
      - soldati dell'est fuggiti a piedi, nei primi due mesi: 85
      -
      attraverso dei tunnel scavati sotto il muro (1962/63): 137
      - con automobili preparati per nascondere delle persone: ca. 2.000
      Altri metodi usati:
      - passaporti diplomatici falsi
      - mezzi militari pesanti, camion rafforzati, navi e locomotive per rompere
        i punti  di passaggi
      - in molti altri modi, anche nei più fantasiosi

    Uno dei tanti che non ce l'hanno fatta...

















     










domenica 8 novembre 2009

ALDA MERINI

La mia poesia  è alacre come il fuoco
trascorre tra le mie dita come un rosario
Non prego perché sono un poeta
della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnanànna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce.
Alda Merini, da "La volpe e il sipario"



...

La verità è sempre quella,
la cattiveria degli uomini
che ti abbassa
e ti costruisce un santuario di odio
dietro la porta socchiusa.
Ma l'amore della povera gente
brilla più di una qualsiasi filosofia.
Un povero ti dà tutto
e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria.

Alda Merini, da "Terra d'amore"

KAVAFIS



E se non puoi la vita che desideri

cerca almeno questo per quanto sta in te:  
non sciuparla nel troppo commercio
con la gente con troppe parole
e in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro

in balia del quotidiano gioco balordo   
degli incontri e degli inviti      
fino a farne una stucchevole estranea


 



C. Kavafis

mercoledì 4 novembre 2009

LAICITA' E CROCEFISSO

RIPORTIAMO DAL CORRIERE DELLA SERA

Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo

«Via il crocefisso dalle scuole»

Accolta la richiesta di un'italiana di origine finlandese. Il governo presenta ricorso. La Cei: «Sentenza ideologica»


(Emblema)

MILANO - «La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo accogliendo il ricorso presentato da una cittadina italiana. Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini in una nota annuncia che «il governo ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo». Se la Corte accoglierà il ricorso, il caso verrà ridiscusso nella Grande Camera (organo della Corte chiamato a pronunciarsi su un caso che solleva una grave questione relativa all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione o dei Protocolli, oppure un’importante questione di carattere generale). Qualora invece il ricorso non dovesse essere accolto, la sentenza diverrà definitiva tra tre mesi, e allora spetterà al Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa decidere, entro sei mesi, quali azioni il governo italiano deve prendere per non incorrere in ulteriori violazioni.

LEVI STRAUSS

Il 31 ottobre a Parigi è morto il grande antropologo CLAUDE LEVI STRAUSS, nato a Bruxelles nel 1908, uno dei più grandi personaggi della cultura del Novecento.

vedi anche:
http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=338&Guid=df9f7629be3e42f1b5aa6f25de2c6682

http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=338&Guid=df9f7629be3e42f1b5aa6f25de2c6682


L’accademico transalpino aveva consacrato la sua vita allo studio dei popoli "primitivi"






"Il pensiero selvaggio non è per noi il pensiero dei selvaggi, né quello di un'umanità primitiva e arcaica, bensì il pensiero allo stato selvaggio distinto dal pensiero educato e coltivato"
DAL SAGGIO "IL PENSIERO SELVAGGIO"

Per Lévi-Strauss i cosiddetti selvaggi sono più vicini a noi di quanto non si creda. Nel segno del distacco dall'etnologia tradizionale, queste ricerche scelgono come tema un attributo universale dello spirito umano: il pensiero allo stato selvaggio presente in tutti gli uomini, contemporanei e antichi, vicini e lontani. Il grande antropologo si avvicina ai miti, alle credenze e agli altri fatti di cultura accantonando ogni idea di esotismo e portando alla luce un pensiero dai tratti sorprendentemente moderni, in cui l'analogia e la forza espressiva dei simboli giocano un ruolo essenziale. Pubblicato alla metà degli anni cinquanta, il saggio IL PENSIERO SELVAGGIO è oggi considerato un classico dell'etnologia e ha esercitato un'influenza decisiva su tutte le discipline che formano il campo delle scienze sociali.


RIPORTIAMO DAL CORRIERE DELLA SERA DEL4 NOV 2009

Francia: è morto Claude Levi-Strauss

Il grande antropologo ed etnologo francese è scomparso a Parigi all'età di 100 anni


Claude Levi-Strauss (Afp)
Claude Levi-Strauss (Afp)
PARIGI (FRANCIA) - Lutto nel mondo della cultura francese. Il grande antropologo ed etnologo Claude Levi-Strauss è morto nella notte fra sabato e domenica a Parigi all'età di 100 anni. La notizia però è stata diffusa solo oggi dall'«Ecole des hautes etudes en sciences sociales».
CHI ERA - Divenuto noto al grande pubblico per la sua opera «Tristi Tropici», l’accademico francese aveva consacrato la sua vita allo studio dei popoli "primitivi", ai simboli e alle strutture di gruppo. Sul piano teorico era considerato in antropologia il massimo teorico dello strutturalismo, corrente di pensiero che sostiene che tutti gli aspetti culturali di una società siano riconducibili a strutture fondamentali.
LA VITA - Nato a Bruxelles, ma da genitori francesi, nel 1908, Levi-Strauss avrebbe compiuto 101 anni il 28 novembre. Levi-Strauss studia legge e filosofia alla Sorbona di Parigi non concludendo gli studi in legge, ma laureandosi in filosofia nel 1931. Inizia ad insegnare in un liceo di provincia condividendo questa sua esperienza con il grande filosofo francese Maurice Merleau-Ponty e con la scrittrice Simone de Beauvoir. Le sue posizioni filosofiche sono molto critiche nei confronti delle tendenze idealiste e spiritualistiche della filosofia francese del periodo fra le due guerre, soprattutto perchè egli riconosce in se stesso un'esigenza di concretezza che lo porta verso direzioni completamente nuove. Scopre presto nelle scienze umane, in particolare nella sociologia e nell'etnologia, la possibilità di costruire un discorso più concreto e innovatore sull'uomo. Decisivo l'incontro con Paul Rivet, che conosce in occasione dell'esposizione di Jacques Soustelle al Museo Etnografico, e con Marcel Mauss del quale fu allievo. Rimane affascinato dal forte senso del concreto che scaturisce dall'insegnamento di Mauss e dal metodo che egli utilizza per spiegare e analizzare i riti e i miti primitivi. Nel 1935 viene offerto a Lèvi-Strauss di andare ad insegnare sociologia a San Paolo in Brasile, dove una missione culturale francese aveva avuto l'incarico di fondare l'università. Questa sarà l'occasione per conoscere un mondo completamente diverso da quello europeo ma soprattutto per entrare in contatto con le popolazioni indie del Brasile che diventeranno l'oggetto delle sue ricerche sul campo.
Tornato in Francia nel 1939 viene mobilitato allo scoppio della seconda guerra mondiale ma nel 1941, subito dopo l'armistizio, a causa delle persecuzioni contro gli ebrei, è costretto a fuggire e riesce ad imbarcarsi per gli Stati Uniti. A New York conosce e inizia a frequentare molti altri intellettuali emigrati e ad insegnare presso «La Nuova Scuola per le Ricerche Sociali». Insieme a Jacques Maritain, Henri Focillon e Roman Jakobson, è considerato uno dei fondatori dell'École Libre des Hautes Études, una specie di università-in-esilio per accademici francesi. Gli anni trascorsi a New York sono per Lèvi-Strauss molto importanti per la sua formazione. La sua relazione con il linguista Jakobson gli è d'aiuto per mettere a punto il suo metodo di indagine strutturalista. (Jakobson e Lèvi-Strauss sono infatti considerati le figure centrali dello strutturalismo). Lèvi-Strauss è anche considerato, insieme a Franz Boas, uno degli esponenti maggiori della antropologia americana. Insegna questa disciplina presso la Columbia University a New York e il suo lavoro gli fa ottenere un titolo che gli servirà per essere accettato con facilità negli Stati Uniti. Nel 1948 Lèvi-Strauss ritorna a Parigi e in quell'anno consegue il suo dottorato alla Sorbona con una tesi maggiore e una minore, come era tradizione in Francia, dal titolo «La famiglia e la vita sociale degli Indiani Nambikwara» (The Family and Social Life of the Nambikwara Indians) e le «Le strutture elementari della parentela» ( The Elementary Structures of Kinship).
«Le strutture elementari della parentela» viene pubblicato l'anno seguente e immediatamente considerato uno degli studi più importanti di antropologia sui rapporti di parentela fino a quel momento effettuati. Già Emile Durkein, aveva pubblicato un famoso studio, dal titolo «Forme elementari della vita religiosa», frutto di una analisi su come i popoli organizzano le loro famiglie esaminando le strutture logiche che vengono a formarsi nelle relazioni tra i vari componenti. Mentre, tra gli antropologi inglesi, Alfred Reginald Radcliffe-Brown sosteneva che la parentela era basata sulla discendenza da un comune antenato, Lèvi-Strauss sostiene che la parentela era basata sull'alleanza tra due famiglie che si viene a creare quando una donna proveniente da un gruppo sposa un uomo appartenente ad un altro gruppo. Tra gli anni 1940 e 1950 Lèvi-Strauss continua le sue pubblicazioni e ottiene sempre maggior successo. Al suo ritorno in Francia lavora come amministratore della CNRS, al Musèe de l'Homme e in seguito all'École Pratique des Hautes Études, alla sezione di «Religious Sciences», sezione precedentemente fondata da Marcel Mauss e rinominata «Comparativie Religion of Non-Literate Peoples». Nel 1955 pubblica «Tristi Tropici», essenzialmente un diario di viaggio nel quale annota le sue impressioni, frammiste a una serie di geniali considerazioni sul mondo primitivo amazzonico, che risalgono al periodo intorno al 1930 quando egli espatriò dalla Francia. Nel 1959 Lèvi-Strauss diventa titolare della cattedra di Antropologia sociale presso il Collège de France. Dopo qualche tempo pubblica «Structural Anthropology» che comprendeva una collezione dei suoi saggi con esempi e teorie strutturaliste. In quel periodo sviluppa un programma che comprende una serie di organizzazioni, come un Laboratory for Social Anthropology e un nuovo giornale, l'Homme, per poter pubblicare i risultati delle sue ricerche. Nel 1962 pubblica quello che per molti venne ritenuto il suo più importante lavoro, «Pensèe Sauvage». Nella prima parte del libro viene delineata la teoria della cultura della mente e nella seconda parte questo concetto si espande alla teoria del cambiamento sociale. Questa seconda parte del libro coinvolgerà Lèvi-Strauss in un acceso dibattito con Jean-Paul Sartre riguardo alla natura della libertà umana. Ormai diventato una celebrità, Lèvi-Strauss trascorre la seconda metà degli anni sessanta alla realizzazione di un grande progetto, i quattro volumi di studi dal titolo Mythologiques. In esso, Levi-Strauss analizza tutte le variazioni dei gruppi del Nord America e del Circolo Artico esaminando, con una metodologia tipicamente strutturalista, le relazioni di parentela tra i vari elementi.
03 novembre 2009

RIPORTIAMO DALLA STAMPA.IT
Ci sono molti motivi per rimettersi a leggere Lévi-Strauss, ma il principale forse è quello che riguarda la diversità: il contributo che essa fornisce al progresso umano è infatti essenziale nella globalizzazione, e stranamente è trascurato.
Gli scritti sulla razza (Razza e Storia nel 1952, Razza e Cultura nel 1971) sono preziosi per chiunque voglia capire l’attuale transizioDimensione caratterene e apprendere l’arte del pensare lungo.

Il progresso, dice Lévi-Strauss, non è qualcosa di continuo, necessario. Procede a balzi, per mutazioni e scarti, come la mossa del cavallo negli scacchi. Soprattutto non è appannaggio di genti privilegiate:
non esistono culture infantili, primitive, cui si contrappongono civiltà sofisticate. «Tutti i popoli sono adulti, anche quelli che non hanno tenuto il diario della loro infanzia e della loro adolescenza» (Razza e Storia).
La visione giornalistica fatica a comprenderlo: l’inviato arriva in terre inesplorate, e vede solo la coda d’una storia lunghissima che per mancanza di tempo non capisce. Il vizio s’è oggi esteso, rendendo giornalistica anche la politica estera: è significativo che Bush non sia ricorso - nei rapporti con Arabi, Asiatici, Russi - a esperti che queste culture le studiano continuativamente, senza mettere la propria al centro di tutto. Il giornalista in modo speciale deve pensare contro se stesso, perché le sue semplificazioni influenzano anormalmente le menti.

C’è una metafora con cui Einstein spiega la teoria della relatività, che Lévi-Strauss adotta spesso ma rovesciandola mirabilmente. È la metafora del treno in corsa. Per dimostrare che il movimento dei corpi nello spazio e nel tempo non è una verità assoluta, ma dipende dall’ottica dell’osservatore, Einstein racconta come il passeggero vedrà cose discordanti, a seconda che il treno parallelo guardato dal finestrino vada nella nostra direzione o in quella opposta. Se si sposta con noi, esso ci parrà immobile, molto più lungo del treno che va in senso contrario: solo quest’ultimo sembrerà muoversi. Tutt’altro accade nell’osservazione delle società, e nella suddivisione fra culture che si muovono e culture inerti. Solo quelle che camminano nella stessa direzione in cui camminiamo noi (essendo più visibili, condividendo costumi, valori) ci parranno in movimento. Le culture che corrono in senso opposto le vedremo appena: il treno «passa così rapido che ne conserviamo solo un’impressione confusa da cui persino i segni di velocità sono assenti». Sarà come immobile. «Non è più un treno, non significa più niente». Il viaggiatore al finestrino vede solo un segmento del mondo: «Noi appariremo l’uno all’altro come privi d’interesse, per il semplice motivo che non ci rassomigliamo». Lévi-Strauss evoca due figure - l’anziano, l’avversario politico - egualmente incapaci di vedere. Lontani dai centri di decisione, ambedue ritengono il mondo stagnante e vano anche quando non lo è (Razza e Cultura). Ambedue sono spesso incuriositi, meno ricchi di tempo, di spazio e di idee.

Studiare, scambiare informazioni, ascoltare: è uno dei rimedi, ed è il contrario dei conformismi che impregnano il pensiero sulle culture mondiali. La potenza di Lévi-Strauss è proprio qui: basta leggerlo, e lo scontro di civiltà che ha fatto la gloria di Samuel Huntington ingrigisce. Huntington passa, lui resta. Resta la sua idea fondamentale, secondo cui ogni progresso è una coalizione tra forze diverse che cercano una sintesi senza abbandonare la propria diversità. Se c’è una cosa aborrita dall’etnologo francese è il mondo unico, che cancella le differenze o soggiogandole con efferatezza coloniale, o ignorandole in nome di un antirazzismo falso perché disattento a forme di esclusione che penalizzano non solo le razze ma anche gli stili di vita. Il conformismo globale non è progresso: è «umanità ossificata, confusa in un genere di vita unico»; è entropia, energia che sfinisce. Il progresso non è nella difesa d’un particolarismo superiore ma in uno scambio col difforme che feconda il nostro pensiero trasformandolo. La divergenza non è scandalo: è la condizione perché la storia cessi di esser stazionaria, solitaria e diventi cumulativa, capace di combinazioni complesse. Ci sono epoche che Lévi-Strauss considera esemplari: il Neolitico, il Rinascimento, la Rivoluzione industriale. Edificando sulla differenziazione, esse avanzarono formidabilmente. Chi vede ovunque sovversivi s’adagia nell’inerzia storica.

Ogni coalizione con le diversità è minacciata da esiti paradossali. A forza di collaborare, le culture tendono alla consonanza, i particolarismi s’appannano, vivificano meno. L’omogeneità e il maggiore volume delle società accresceranno le diversificazioni interne, ma non subito né automaticamente.
La sfida consiste nel trovare un equilibrio fra integrazione e differenza, e nell’evitare il «pigro, comodo riposo» che garantisce «l’immagine della somiglianza migliorata»: la storia non è fatta di somiglianze crescenti; è «piena di avventure, rotture, scandali».
Quando le diversità non rifioriscono conviene cercarne di nuove, addirittura suscitarle, ridar spazio a minoranze, a avversari, anche a sistemi ideologici antagonisti.
«Barbaro è solo chi crede nella barbarie».
Se il progresso è sintesi fra culture occorre salvaguardare gli scarti, proteggendo quelle che l’antropologo chiama le micro-solidarietà, le società parziali; custodendo perfino le superstizioni. Uno dei più luminosi saggi è sul Babbo Natale Giustiziato, che narra l’intreccio sottile, involontario, tra cristiani e pagani. Ogni genitore o nonno, alla vigilia delle feste, ne scoprirà la delizia.

Lévi-Strauss è una mente veramente grande, e non solo per la visione cupa, dunque realista, che egli ha dell’occidente, delle sue crudeltà, delle sue megalomanie. È un grande perché, pur disperando, non cessa di pensare e credere. Tutta la vita l’ha spesa per dire che si può sempre scegliere un’altra via, che tutto poteva e può andare diversamente, solo che lo si voglia. La necessità è un muro, ma ha sue crepe. Il pianeta corre allo squasso, ma si può edificare un altro umanesimo, fondato non sull’uomo morale superiore ma sui diritti dell’essere vivente, sia esso uomo, pianta, specie animale. «I giochi non sono mai fatti. Possiamo ricominciare tutto. Quello che è stato fatto e mancato può esser rifatto», scrive in Tristi Tropici. Purché si ritrovi «l’indefinibile grandezza dei cominciamenti»: quella soglia in cui il nulla quasi non c’è più e già quasi iniziano l’essere, le parole per dirlo, l’azione per influenzarlo.
BARBARA SPINELLI – LA STAMPA.IT

per saperne di più clicca qui sotto:
http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=338&Guid=df9f7629be3e42f1b5aa6f25de2c6682