http://it.wikipedia.org/wiki/Corea_del_Nord
Nonostante il trattato stipulato fosse un trattato di annessione, in Corea fu istituito un Chôsen, ovvero l’apparato politico- amministrativo più efficiente della politica coloniale giapponese. Altra caratteristica di questo apparato è la grande influenza e il potere nelle mani della polizia e dell’esercito.
Il Governatore Generale di Chôsen aveva pieni poteri in materia legislativa e giudiziaria sul paese, spesso era un generale o un ammiraglio in servizio attivo al momento della nomina, in modo da poter essere al tempo stesso investito della carica di comandante in capo all’apparato militare coloniale.
La contiguità geografica tra i due paesi asiatici ha facilitato l’instaurazione di un regime gerarchico e di repressione, radicato sul territorio, facendo della penisola coreana un “grande campo militare”.
Nel periodo del suo dominio sulla Corea, il Giappone attuò una politica di modernizzazione economica, anche se il vero scopo era quello di creare una base strategica per preparare un attacco alla Manciuria e poi alla Cina settentrionale. Per questo motivo vennero costruite delle ferrovie e degli aeroporti, usati esclusivamente dalle forze di occupazione.
I giapponesi svilupparono una politica molto dura nei confronti dei coreani, relegandoli a un posto di seconda classe.
Un punto fondamentale della politica coloniale giapponese fu l’esproprio delle terre, dovuto all’aumento della popolazione in Giappone e l’assenza di terre atte alla coltivazione del riso. La Corea, in particolare le regioni meridionali, divennero il granaio del Giappone per tutto il periodo della sua espansione in Asia.
La situazione si aggravò dopo la creazione della Società orientale di bonifica, attraverso la quale numerosi contadini giapponesi immigrarono in Corea. Molti di loro, grazie ad una legislazione che li favoriva divennero proprietari terrieri che sfruttavano contadini coreani come braccianti.
Un altro modo per confiscare terreni pubblici e privati ai coreani fu il pretesto della costruzione della rete ferroviaria. Il Protettorato si appropriò delle terre senza pagare nessun indennizzo, nel caso di terre private il governo coreano fu costretto ad acquistarle per poi donarle all’istituzione giapponese. Il governo coreano fu costretto,quindi, a ricorrere a prestiti dello stato giapponese o d’istituzioni finanziarie giapponesi, che chiedevano tassi di interesse altissimi per poter far fronte a queste spese.
Secondo una stima del 1930, il Protettorato giunse a possedere il 40% del territorio della penisola.
In parallelo all’immigrazione di contadini fu favorita e incoraggiata quella dei pescatori giapponesi. È da considerarsi in questa prospettiva anche l’annessione, nel 1905, dell’isola di Tokdo, che ancora oggi fa parte del contenzioso tra i due Paesi (Giappone e Corea del Sud).
Il Protettorato si assicurò anche il monopolio della produzione di jinsaeng, di sale, di tabacco e oppio.
Questa politica di espropriazione venne usata anche per le risorse del sottosuolo.
I coreani non poterono godere dei benefici che la trasformazione moderna comportava, in quanto erano a favore delle esigenze dell’economia giapponese: i beni prodotti dai coreani erano trasferiti in larga misura in Giappone. Tutti i profitti del capitale giapponese, largamente investito nella penisola, vennero trasferiti ai soli giapponesi.
La Corea fu, come visto in precedenza, terreno di sperimentazione della politica di sfruttamento economico giapponese.
Nel complesso la gestione economica giapponese, considerate le condizioni di partenza e del breve dominio coloniale, ebbe numerosi effetti modernizzatori: aumentando la superficie coltivata, razionalizzazione della conduzione agraria, sviluppo di una buona rete di comunicazioni, infine creazione di industrie.
Una delle caratteristiche della dominazione giapponese sulla penisola coreana fu il tentativo di distruggerne la cultura. Questo fu il vero obbiettivo della politica coloniale giapponese.
Fin da subito i giapponesi cercarono di spogliare la penisola di ogni sorta di beni culturali; si passò dalla distruzione del patrimonio architettonico al sequestro dei beni di valore, bloccando così la crescita e la fecondità della cultura coreana.
Altro fattore importante riguarda la chiusura di tutti i giornali coreani con l’eccezione di quelli filo-giapponesi, avvenuta nel 1907 con l’emanazione della Legge sui giornali. Nel 1916 esistevano diciotto testate giornalistiche di cui: sedici in giapponese, uno in inglese e uno in coreano; tutti sotto stretto controllo governativo.
Nell’ambito scolastico, dopo una serie di riforme moderniste fatte dal governo coreano, il Giappone impose una legge in base alla quale le scuole private avrebbero dovuto ricevere una speciale autorizzazione all’apertura e all’esercizio, così come si sarebbero dovuti usare libri di testo autorizzati dalle forze governative.
Per le scuole pubbliche, il governo giapponese già dal novembre 1911 rendeva noto un progetto in base al quale i coreani dovevano essere educati all’accettazione di un regime autoritario e paternalista incentrato sulla figura dell’Imperatore. Oltre a questo limite, ai coreani, furono imposti altri obblighi: dovevano ricevere solo una educazione di tipo pratico, adatta al lavoro nelle industrie.
Il compito della scuola coreana passò dall’essere promotrice di cultura e modernizzazione ad un mero supporto alla creazione di manodopera subalterna.
I movimenti anti-giapponesi
In seguito a queste forti restrizioni in tutti i settori della vita pubblica e privata, numerosi indipendentisti si rifugiarono in Cina, dove sorsero dei villaggi coreani e si formò un governo coreano in esilio costituito, principalmente, da militari, che si proponeva il compito di lottare contro l’occupazione giapponese. Ma non solo dalla Cina arrivava sostegno contro l’occupazione coreana, infatti, anche dagli USA, dalla Russia, dalla Manciuria e dalla Corea stessa, nascevano gruppi di oppositori. A causa della repressione giapponese assunsero presto un carattere di società segreta, che addestravano propri soldati e tentavano di portare alla ribalta della attenzione internazionale la situazione coreana.
I movimenti di opposizione li possiamo categorizzare in tre distinti gruppi:
- i movimenti legati alla tradizione;
- il movimento nazionalista;
- il movimento comunista.
Nel primo gruppo di opposizione sono da inserire le opposizioni di matrice religiosa, ovvero elementi della classe confuciana e della religione del Ch’ŏndogyo (religione della Via celeste).
Più importanti ai fini della storia del Paese sono gli altri due gruppi; ovvero il movimento nazionalista e quello comunista.
Il movimento nazionalista si basava sull’educazione moderna introdotta sul finire del XIX secolo da missionari protestanti, per lo più americani. I principi su cui si basava questa dottrina nazionalistica vedevano nelle idee occidentali una speranza per il futuro, cozzando quindi con la visione voluta ed imposta dall’Impero nipponico.
Nacquero delle associazioni nazionalistiche che volevano appunto portare in Corea degli elementi occidentali quali: l’adozione di un sistema di democrazia parlamentare, misure di auto rafforzamento che comprendevano la fondazione di scuole di stampo liberale e la promozione dell’industria locale, l’adozione di una politica estera indipendente e neutrale.
Durante la colonizzazione giapponese questi gruppi nazionalistici erano visti come anti-giapponesi e messi al bando, riuscendo nell’intento di disperdere gli organizzatori di questi movimenti al di fuori dei confini nazionali. Quindi nacquero in Corea per poi essere dispersi nei Paesi vicini.
Il movimento comunista, dal canto suo, ha avuto uno sviluppo inverso in quanto i primi gruppi a matrice comunista nacquero in gran parte fuori i confini coreani. In particolare si svilupparono in Siberia e in Manciuria, dove esuli politici coreani si inserirono nel contesto politico russo.
Grazie ad una prima alleanza del gruppo dirigente sovietico con la popolazione asiatica, iniziò la lotta di liberazione dei comunisti coreani contro le truppe giapponesi (1918). Dal 1919 alla fine della seconda guerra mondiale, l’URSS fu il primo punto di riferimento per il movimento comunista coreano frazionato in diversi stati quali la Siberia, la Manciuria, la Cina, il Giappone e la Corea stessa.
Anche per questi movimenti non fu facile stabilirsi in Corea, in quanto l’efficiente apparato di polizia segreta giapponese riusciva a smantellare le organizzazioni politiche. Cosicché dal 1928 alla fine della seconda guerra mondiale l’iniziativa passò al di fuori dei confini coreani. Le attività in Corea ebbero carattere di azioni da guerriglia, gestite in maniera clandestina.
Il futuro dopo la fine dell’impero nipponico e la divisione al 38° parallelo
Nel febbraio del 1945, a Yalta, si decise del futuro della Corea. Gli Stati Uniti erano preoccupati di dover affrontare una guerra “strada per strada” in territorio giapponese e per questo concordarono l’intervento sovietico contro il Giappone. La posizione fu ribadita anche a Postdam nel luglio dello stesso anno, inoltre fu deciso che la Corea sarebbe stata occupata a nord del 38° parallelo dalle truppe sovietiche e a sud da quelle americane per la liberazione della Corea.
Il 10 agosto 1945 le truppe sovietiche sbarcarono nella Corea settentrionale per adempiere agli accordi presi a Postdam. Assieme alle truppe regolari dell’armata rossa, scesero in campo anche gruppi di coreani che avevano combattuto contro l’esercito nipponico in Manciuria, in particolare per l’ Esercito Unito Anti-giapponese del Nord-est, un gruppo guerrigliero guidato e fondato dal Partito Comunista Cinese. Tra i membri di questo gruppo militare spicca il nome di Kim Il Sung.
Fin da subito i sovietici iniziarono a creare nella loro zona di occupazione, interferendo con il governo locale, delle istituzioni di stampo prettamente sovietico.
Gli Stati Uniti, invece, sbarcarono a sud un mese dopo la resa incondizionata del Giappone e trovarono a Seoul una situazione politica in parte consolidata, in quanto era già stata dichiarata la Repubblica popolare di Corea ed era sorto il Partito Democratico di Corea (PDC).
Fu istituita una commissione congiunta russo-americana che doveva trovare una formula per organizzare un governo provvisorio, in vista dell'istituzione di un "governo unificato e democratico" in tutta la Corea.
Fu deciso alla Conferenza di Mosca (dicembre 1945) che la Corea sarebbe stata governata per cinque anni da una amministrazione fiduciaria.
Mentre a Nord del 38° parallelo la decisone di Mosca venne accettata senza grossi problemi data la prevalenza dei comunisti sul territorio, al Sud la presenza dei comunisti provocava una grossa frattura sociale, tra questi e i nazionalisti che volevano l’indipendenza subito. Il risultato fu un susseguirsi di violenze e di corruzione fino al 1948.
Il 1948 è l’anno della svolta democratica nella Corea del Sud. Infatti si indirono, sotto il controllo di una Commissione temporanea voluta dall’ONU su richiesta degli Stati Uniti, delle elezioni per permettere la creazione di un governo rappresentativo di tutta la Corea che avrebbe poi negoziato il ritiro delle truppe sovietiche e americane. Le elezioni avvennero solo al Sud del 38° parallelo in quanto l’URSS si espresse contro. Il 12 luglio 1948 venne sancita la Costituzione e venne eletto Sygman Ree (noto militante anti-giapponese) come presidente.
Nel Nord il percorso che portò alla nascita della Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK) fu meno traumatico e più lineare, in quanto mancava una opposizione numericamente ed economicamente forte e l’URSS lasciò ai coreani la possibilità di creare, apparentemente in libertà, dei Comitati del Popolo (in realtà manovrati dai sovietici).
Nei primi anni dell’occupazione sovietica, nacque, dalla fusione di due parti comunisti coreani, il Partito dei Lavoratori della Corea del Nord (1946), che nel 1947 riuscì a controllare pienamente il territorio a nord del 38° parallelo.
Nel 1948, tre mesi dopo le elezioni avvenute nella Corea del Sud, si tennero le elezioni per l’Assemblea del Popolo. I risultati diedero la presidenza a Kim Tu Bong e il ruolo di primo ministro a Kim Il Sung. Il 9 settembre 1948 veniva formalmente proclamata la fondazione della Repubblica Popolare di Corea.
Così facendo, si venne a creare una situazione di paralisi tra i due Paesi asiatici, uno sotto l’influenza militare e politica di Cina e URSS (Corea del Nord), l’altro sotto l’influenza degli Stati Uniti d’America (Corea del Sud).
Alla fine del 1948 la guerra di Corea sembrava inevitabile, i rapporti tra le due parti erano sempre più tesi: a sud il regime consolidò il suo potere a scapito dei gruppi di sinistra (finanziati dal nord); il nord prese a inviare agenti provocatori a sostegno delle operazioni di guerriglia contro la Corea del Sud e iniziò a sviluppare una economia di guerra.
Il coinvolgimento americano in quella che sempre di più stava diventando una guerra antifascista sembrava inevitabile. A trascinare gli Stati Uniti nel conflitto fu l'aggressione improvvisa subita nel Pacifico da parte del Giappone, la maggiore potenza dell'emisfero orientale ed il principale alleato asiatico di Germania e Italia, cui era legato, dal settembre 1940, da un patto di alleanza detto "tripartito". Già impegnato dal '37 in una guerra di conquista contro la Cina, il Giappone aveva profittato del conflitto europeo per ampliare le sue aspirazioni espansionistiche a tutti i territori del sud-est asiatico. Quando, nel luglio '41, i giapponesi invasero l'Indocina francese, Stati Uniti e Gran Bretagna reagirono decretando il blocco delle esportazioni verso il Giappone. L'Impero asiatico -paese industrialmente sviluoppato ma povero di materie prime- decise di scatenare la guerra, piuttosto che piegarsi alle richieste delle potenze occidentali, che esigevano il ritiro delle truppe giapponesi dall'Indocina e dalla Cina. Il 7 dicembre 1941 l'aviazione giapponese attaccò, senza previa dichiarazione di guerra, la flotta degli Stati Uniti ancorata a Pearl Harbor, nelle Hawaii, e la distrusse in buona parte. Nei mesi successivi, profittando della netta superiorità navale così conquistata nel Pacifico, i giapponesi raggiunsero di slancio tutti gli obiettivi che si erano prefissati: nel maggio '42 controllavano le Filippine -strappate agli USA-, la Malesia e la Birmania britanniche, l'Indonesia olandese, ed erano in grado di minacciare l'Australia e la stessa India, costringendo la Gran Bretagna a distogliere forze preziose dal medio Oriente.
Pochi giorni dopo l'attacco a Pearl Harbor, anche Germania ed Italia dichiaravano guerra agli Stati Uniti.
Fra il 1942 ed il 1943 l'andamento della guerra subì una svolta decisiva su tutti i fronti. I primi segni di inversione di tendenza si ebbero nel Pacifico, dovela spinta offensiva dei giapponesi fu fermata dagli americani -nel maggio-giugno '42- nelle battaglie del Mar dei Coralli, di fronte alla costa della Nuova Guinea, e delle isole Midway, ad ovest delle Hawaii: questi furono i primi scontri navali in cui le flotte si affrontavano senza vedersi, a decine di chilometri l'una dall'altra, bombardandosi a vicenda con gli apparecchi che decollavano dalle grandi portaerei.
A partire dal 1943, nonostante la priorità accordata al fronte europeo, gli Stati Uniti avevano iniziato una lenta riconquista delle posizioni perdute nel Pacifico, valendosi di una superiorità che si faceva sempre più netta man mano che l'industria statunitense dispiegava tutto il suo enorme potenziale. Decisivo fu soprattutto l'apporto delle grandi portaerei -capaci di trasportare fino a 50 apparecchi- e dei bombardieri strategici, le cosiddettesuperfortezze volanti, che dalla fine del '44 cominciarono a bombardare sistematicamente il territorio nipponico. Nell'estate del '45 gli alleati, ormai liberi da impegni bellici in Europa, erano pronti a portare l'attacco nel territorio nemico. Un nemico che, però, continuava a combattere con eccezionale accanimento, rifiutando di arrendersi anche nelle condizioni più disperate e facendo ampio ricorso all'azione dei kamikaze, aviatori suicidi che si gettavano sulle navi avversarie con i loro aerei carichi di esplosivi.
Fu a questo punto che il nuovo presidente americano, Henry Truman -Roosevelt era morto il 12 aprile 1945- decise di impiegare contro il Giappone la nuova arma totale, la bomba a fissione nucleare o bomba atomica, che era stata appena messa a punto da un gruppo di scienziati e sperimentata per la prima volta il 16 luglio nel deserto del New Mexico. La decisione di Truman serviva innanzitutto ad abbreviare una guerra che si annunciava ancora lunga e sanguinosa, ma aveva anche lo scopo di offrire al mondo -e soprattutto agli alleati/rivali sovietici- la dimostrazione della potenza militare americana. Il 6 agosto 1945 un bombardiere americano sganciava la prima bomba atomica sulla città di Hiroshima. Tre giorni dopo l'operazione era ripetuta a Nagasaki. In entrambi i casi le conseguenze furono spaventose: non solo per il numero dei morti -100.000 ad Hiroshima, 60.000 a Nagasaki- e per la distruzione totale delle due città, ma anche per gli effetti di lungo periodo su quanti erano stati contaminati dalle radiazioni. Il 15 agosto, dopo che l'Unione Sovietica aveva anch'essa dichiarato guerra al Giappone, l'imperatore Hirohito offrì agli alleati la resa senza condizioni. Con la firma dell'armistizio, il 12 settembre 1945, si concludeva così il secondo conflitto mondiale.
La Repubblica Democratica Popolare di Corea occupa la metà settentrionale della penisola coreana, confina a nord con la Cina e per un breve tratto con la Russia a nord-est, mentre a meridione la zona demilitarizzata coreana la separa dalla Corea del Sud. A ovest è bagnata dal Mar Giallo e est dal mar del Giappone.
Secondo la costituzione, la Corea del Nord è uno Stato socialista con un sistema economico pianificato. Secondo Human Rights Watch e Amnesty International, il livello di rispetto dei diritti umani è uno dei più bassi al mondo. Ciò, insieme ai dissidi con la Corea del Sud per la reciproca rivendicazione dell'intera penisola coreana, è causa di tensione con le nazioni occidentali.
Le condizioni di vita della Corea Popolare sono fortemente segnate dalla politica economica basata sull'industria pesante, nonché dall'isolamento politico ed economico acutizzatosi dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica; tali fattori, in concomitanza con diverse calamità naturali, hanno causato un impoverimento generale soprattutto nel settore agricolo negli anni novanta. Non sono disponibili dati ufficiali circa il reddito pro capite medio.
Fino al 1945, la storia della Corea non distingue sostanzialmente fra il nord e il sud.
arco della riunificazione
Due donne coreane, in abiti tradizionali si congiungono reggendo insieme la mappa di una Corea unificata. Eretto nel 2001, l'arco è situato sulla superstrada Tongil che porta direttamente al Panmunjom e a, Seoul. La simbologia del monumento si basa sui tre principi (formalizzati da Kim Il Sung nel corso di un incontro con il Sud nel 1972) che sono l'indipendenza, la riunificazione pacifica e l'unità nazionale.
. Dalla cessazione delle ostilità della Guerra di Corea nel 1953, le relazioni tra il governo del Nord e la Corea del Sud, l'Unione Europea, il Canada, gli Stati Uniti e il Giappone sono rimaste tese, mentre sono ottimi i rapporti con Cina, Vietnam, Laos, Cambogia e Russia.
Cessati i combattimenti,entrambe le Coree sono rimaste ancora formalmente in guerra. Entrambe firmarono la "Dichiarazione congiunta Nord-Sud" del 15 giugno nel 2000, nella quale le parti presero l'impegno di cercare una riunificazione pacifica. Inoltre, il 4 ottobre 2007 i leader delle due Coree promisero di tenere dei summit per dichiarare ufficialmente il termine della guerra e riaffermare il principio di non-aggressione reciproca.
Nel 2002, il Presidente USA George W. Bush durante il discorso sullo Stato dell'Unione inserì la Corea del Nord tra gli stati facenti parte del cosiddetto "asse del male". Il passaggio del discorso di Bush fu il seguente: «La Corea del Nord è un regime che si sta dotando di missili e armi di distruzione di massa, mentre fa morire di fame i suoi cittadini».
Nel 2006 circa 37 000 soldati statunitensi erano presenti nella Corea del Sud, con la previsione di ridurli a 25 000 nel 2008. Kim Jong-il affermò privatamente l'accettazione delle truppe statunitensi nella penisola, anche dopo una eventuale riunificazione. Pubblicamente la Corea del Nord chiede con forza la rimozione delle truppe statunitensi dalla regione.
La Corea del Nord ha, da molto tempo, relazioni strette con la Cina e la Russia. La caduta del comunismo nell'Europa orientale nel 1989 e la disgregazione dell'Unione Sovietica nel 1991 causò una devastante carenza di aiuti alla Corea del Nord dalla Russia, anche se la Cina continuò a fornire assistenza.
Il paese continua a mantenere forti legami anche con gli alleati socialisti del sud-est asiatico, come il Vietnam e il Laos. La Corea del Nord cominciò a installare una recinzione di filo spinato nel confine settentrionale, a seguito del desiderio della Cina di frenare il flusso di rifugiati in fuga dalla Corea. Precedentemente il confine tra Cina e Corea del Nord era infatti poco pattugliato.
Come risultato del programma nucleare nord coreano, vennero creati tavoli di negoziazione per trovare una soluzione pacifica alle inquietudini mondiali. A questi negoziati parteciparono le due Coree, la federazione Russa, la Cina, il Giappone e gli Stati Uniti.
Il 17 luglio 2007 gli ispettori delle Nazioni Unite verificarono lo spegnimento di cinque stabilimenti nucleari nord coreani, disattivazione stabilita da un accordo del febbraio 2007.
Il 4 ottobre 2007 il presidente sud coreano Roh Moo-hyun e il leader nord coreano Kim Jong-il firmarono un accordo di pace di otto punti, che prevede cooperazione economica, il rinnovo degli accordi per il viaggio aereo, stradale e ferroviario, confronti ad alto livello e pace permanente.
Gli Stati Uniti e la Corea del Sud indicarono nella Corea del Nord uno stato sponsor del terrorismo. L'attentato del 1983 che uccise membri del governo sud coreano e la distruzione di un aereo di linea sud coreano nel 1983 vennero infatti attribuiti alla Corea del Nord. La Corea del Nord inoltre rivendicò il rapimento di 13 cittadini giapponesi negli anni settanta e ottanta. Di essi cinque tornarono in Giappone nel 2002. L'11 ottobre 2008 gli Stati Uniti hanno rimosso il paese dall'elenco degli stati che sponsorizzano il terrorismo.
Dal 10 marzo 2009 sono cominciate delle esercitazioni militari congiunte Corea del Sud-Stati Uniti nel territorio sudcoreano che hanno indispettito molto la Corea del Nord mettendo in stato di massima allerta il suo esercito. Inoltre, secondo fonti statunitensi, la Corea del Nord starebbe preparando il lancio di un missile a lunga gittata, anche se il Giappone ha promesso di abbatterlo con il suo sistema antimissile suscitando la reazione violenta dello stato comunista che considererà questo gesto un segnale ostile e contro la pace.
Alla fine di marzo del 2009 la Corea del Nord ha dichiarato di volere lanciare un satellite a scopi pacifici ma gli USA hanno accusato il paese di compiere un test di missile a lunga gittata per raggiungere il territorio degli Stati Uniti d'America. Il missile viene lanciato nella prima decade di aprile, nonostante gli ammonimenti dalla comunità internazionale, e cade nel Mar Giallo dopo solo un minuto dal lancio.
Il 25 maggio la Corea del Nord effettuò il secondo test nucleare sotterraneo effettuato con successo e il giorno dopo Kim Jong-il affermò la nullità dell'armistizio del 1953, minacciando apertamente Seul di non interferire con le attività navali del proprio paese. Per questo la Corea del Nord è stata definita come un paese che mette a repentaglio la pace mondiale.
In questo clima di tensione, il 24 maggio 2010 si è verificato un controverso incidente nelle acque che circondano la penisola coreana: una corvetta appartenente alla flotta militare nel sud è stata affondata al largo dell'isola di Baengnyeong, in una zona contesa e da diversi anni teatro di mutue provocazioni. Accusata dalla Corea del Sud e dagli USA di essere responsabile dell'affondamento, la Corea del Nord ha negato il proprio coinvolgimento, offrendosi di formare una commissione d'inchiesta con rappresentanti di USA, Cina, delle due Coree, e della Russia. Le indagini sono invece state condotte autonomamente da Corea del Sud e USA.
Il 30 marzo 2013 il governo nordcoreano ha dichiarato di essere in "stato di guerra" con la Corea del Sud, probabilmente in reazione alle esercitazioni congiunte tra l'esercito sudcoreano e quello americano, che ha dispiegato anche 2 bombardieri invisibili B-2.
Il 5 aprile 2013 l'esercito nordcoreano riceve il via libera per un attacco nucleare contro gli Stati Uniti. Lo stesso giorno la Corea del Nord ha invitato tutte le ambasciate straniere a Pyongyang a prepararsi ad evacuare.
Internazionale 994 | 5 aprile 2013
CRONOLOGIA DI UNA
CRISI
12 dicembre 2012 La Corea del Nord
lancia un razzo con a bordo un satellite da mettere in orbita.
22 gennaio 2013 Il Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite adotta una risoluzione che condanna il lancio del
razzo nordcoreano ed estende le sanzioni
già in vigore.
12 febbraio La Corea del Nord fa
un nuovo test nucleare sotterraneo condannato dalla comunità internazionale.
7 marzo Il Consiglio di
sicurezza dell’Onu approva delle nuove sanzioni contro Pyongyang, che minaccia
ritorsioni.
11 marzo Cominciano le
esercitazioni militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud, che si tengono
ogni anno. La Corea
del Nord dichiara nullo l’armistizio
con Seoul che aveva sancito la ine dei combattimenti tra Nord e Sud nel 1953.
19 marzo Dopo ripetute minacce
nordcoreane di attaccare la Corea del Sud e gli Stati Uniti, Washington invia
dei bombardieri B52 a sorvolare la penisola coreana.
27 marzo Pyongyang interrompe
la linea telefonica militare diretta con Seoul.
30 marzo La Corea del Nord annuncia
di essere “in stato di guerra” con il Sud. Tecnicamente i due paesi lo sono dal
1950.
2 aprile La Corea del Nord
annuncia la riattivazione del reattore nucleare di Yongbyon, dismesso nel 2007.
3 aprile Per la prima volta dal
2009 i nordcoreani vietano ai lavoratori provenienti dalla Corea del Sud l’accesso
al complesso industriale di Kaesong, vicino al conine tra i due paesi e gestito
da entrambi. Il complesso di Kaesong, formato da 123 aziende che producono
abbigliamento e tessuti, componenti per automobili e semiconduttori, è stato
avviato nel 2003 per favorire la cooperazione tra Nord e Sud. Secondo il ministero
dell’uniicazione di Seoul, nel dicembre del 2012 lavoravano negli stabilimenti circa
54mila nordcoreani e più di 800 sudcoreani. Nel 2012 il complesso ha prodotto
merci per un valore di 470 milioni di dollari. Kaesong è una fonte di denaro contante
preziosa per Pyongyang e la sua chiusura – per gli analisti un segnale molto preoccupante
– causerebbe una grave perdita per il paese. Bbc, Hankyoreh
Internazionale 994 | 5
aprile 2013
Gli Stati
Uniti approfittano della minaccia missilistica di Pyongyang
per aumentare i fondi all’industria militare
Il regalo nordcoreano Park Han-shik,
The Hankyoreh, Corea del Sud
Gli Stati Uniti vogliono
potenziare
del 50 per cento il sistema di difesa missilistica sulla
costa occidentale perché temono un attacco della Corea del Nord
con missili a testata nucleare.
Entro il 2017 la base
militare di Fort Greely, in Alaska,
avrà altri 14 missili intercettori, che costeranno un miliardo
di dollari. Molti giudicano il sistema di difesa missilistica
uno spreco di denaro pubblico, oltre a criticarlo per la sua efficacia,
che è stata messa in discussione quando alcuni
test hanno dimostrato che è in grado di intercettare solo il 50
per cento dei missili.
L’obiettivo degli Stati Uniti è ribadire la loro superiorità in
un momento in cui molti altri paesi hanno missili balistici a lunga gittata. Washington
non teme minimamente
la minaccia nordcoreana e cerca una scusa per gonfiare il
bilancio destinato alla difesa missilistica, un enorme
regalo all’industria bellica statunitense.
E la Corea del Sud ha un ruolo fondamentale in questo aumento di
fondi, essendo uno dei principali importatori
di armamenti dagli Stati Uniti.
Dalla fine della guerra fredda il vero obiettivo di Washington è
contrastare l’ascesa di Pechino. La Casa Bianca ha un’attenzione “privilegiata
sull’Asia”, e Barack Obama l’ha ribadita per sottolineare l’importanza della
regione Asia- Paciico.
Il potenziamento del sistema missilistico è una strategia per
fronteggiare militarmente la Cina in estremo oriente e per salvaguardare l’espansione
economica nella regione.
Gli esperti di relazioni internazionali l’hanno deinito un “forte
messaggio” lanciato dagli Stati Uniti alla Cina,
|
nella speranza che Pechino usi la sua inluenza per
convincere la Corea del Nord a rinunciare al suo programma nucleare.
Tuttavia, l’aumento della spesa militare dimostra come
Washington non abbia alcuna intenzione di trovare una soluzione paciica con Pyongyang,
volendo invece privilegiare gli interessi dell’industria bellica.
Inoltre Pechino non è disposta a vedere il suo prestigio
internazionale compromesso dalla pressione militare statunitense.
Egemonia sull’Asia È più
probabile che il nuovo presidente della repubblica, Xi Jinping, voglia
rispondere
a questa pressione aumentando gli armamenti e afrontando a viso aperto gli Stati Uniti nella battaglia
per il potere. E se anche gli Stati Uniti convincessero la Cina
a esercitare la sua pressione sulla Corea del
Nord, Pyongyang non abbandonerà il programma nucleare senza
garanzie sulla sopravvivenza del regime.
In sostanza il raforzamento del sistema missilistico ha avuto
come unico efetto quello di ofrire alla Cina una
scusa per contrapporsi agli Stati Uniti.
Con Xi Jinping la Cina ha un nuovo slogan: la “grande rinascita
della nazione cinese”, che si collega alle ambizioni sul resto dell’estremo
oriente. Il raforzamento
del sistema missilistico è un segnale che la battaglia tra
Washington e Pechino si concentrerà sulla penisola
coreana.
Nell’epoca bipolare dominata dagli Stati Uniti e dall’Unione
Sovietica, i coreani hanno afrontato cinquant’anni
di tensioni militari. Adesso sembrano condannati a essere nel
mezzo di un’altra lotta per l’egemonia sull’Asia, stavolta tra Washington e
Pechino. Temo che questo possa tradursi in un’altra crisi per una penisola
già troppo provata. u gim
Internazionale 994 | 5
aprile 2013
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Tra il 1592 ed il 1598, il
Giappone invase la
Corea, ma fu infine respinto grazie agli sforzi degli eserciti e della marina
guidata dall'ammiraglio Yi
Sun-shin. Negli anni 1620 e 1630, Joseon subì invasioni dalla
dinastia manciù dei Qing.
A cominciare dagli anni 1870, il Giappone iniziò
ad allontanare la Corea dalla sfera d'influenza della Cina per attirarla nella
propria. Nel 1895, l'imperatrice
Myeongseong fu
assassinata da agenti giapponesi.[3] Nel
1897, Joseon fu ridenominato Impero coreano (1897-1910), e re Gojong divenne l'imperatore Gojong.
Nondimeno, nel 1905, i Giapponesi
costrinsero la Corea a firmare il trattato di Eulsa che trasformava il paese in un
protettorato e successivamente, nel 1910, un secondo trattato che
annetteva direttamente la Corea all'Impero giapponese, sebbene nessuno
dei due accordi sia considerato legalmente valido.[4] La
resistenza coreana all'invasione nipponica si manifestò in maniera non violenta
nel massiccio Movimento
del 1º marzo del 1919.
In seguito il movimento di liberazione coreano, coordinato dal Governo
provvisorio della Repubblica di Corea in esilio, fu largamente attivo nelle
confinanti Manciuria, Cina e Siberia.
Con la sconfitta del Giappone nel
1945, le Nazioni Unite misero a punto piani per
un'amministrazione fiduciaria da parte dell'Unione Sovietica e degliStati Uniti, ma furono presto abbandonati. Nel
1948, furono istituiti nuovi governi, quello democratico della Corea del Sud e quello comunista dellaCorea del Nord divisi al 38º parallelo. Le tensioni
irrisolte della divisione emersero però nella Guerra di Corea del 1950, quando la Corea del Nord
invase la Corea del Sud.
Durante
gli ultimi anni del XIX
secolo e nei primi anni del XX secolo diverse potenze occidentali avevano delle mire
espansionistiche territoriali e commerciali in Estremo oriente,
soprattutto dopo che il Giappone cominciò a ricoprire il ruolo di grande potenza
internazionale.
Il Giappone,
dal canto suo, per la sua posizione geografica era naturalmente portato ad
espandersi in Corea e nella Cina settentrionale, entrando in diretta
competizione con la vicina Russia.
L'espansionismo
giapponese in Corea condusse alla guerra cino-giapponese (1894-1895). La conseguente sconfitta della Cina portò al Trattato di Shimonoseki (17 aprile 1895)
in base al quale la Cina dovette abbandonare ogni rivendicazione sulla Corea e cedere al Giappone, Taiwan e Port
Arthur.
Tuttavia,
tre potenze occidentali (Russia, Germania e Francia)
intimarono al Giappone di abbandonare la penisola di Liaodong e Port
Arthur con il Triplice
Intervento del 23
aprile 1895. In seguito la Russia (nel 1898) si
accordò con la Cina per lo sfruttamento della base navale di Port Arthur per un
periodo di venticinque anni. Nel frattempo, l'esercito russo occupò gran parte
della Manciuria, e la Russia iniziò a competere con il Giappone per le sue mire
espansionistiche in Corea.
Il Giappone,
dopo aver inutilmente tentato una soluzione diplomatica alla questione con la Russia,
lanciò un ultimatum il 6
febbraio 1904 e diede inizio all'attacco militare due giorni dopo.
Entrambi i contendenti proclamarono una dichiarazione di guerra il 10
febbraio. Quello di iniziare le operazioni militari prima della
dichiarazione di guerra fu una costante nella storia del Giappone:
si comporterà così anche nel dicembre 1941 (attacco a Pearl
Harbor). Dal punto di vista del diritto internazionale l'attacco
giapponese non poteva essere considerato un'operazione sleale, perché preceduto
dall'ultimatum. Ciononostante questo attacco viene usualmente citato come un
esempio dell'attitudine militare giapponese verso le operazioni belliche
"a sorpresa", assieme all'attacco a Pearl Harbor.
Port
Arthur, sulla penisola
di Liaodong nella Manciuria meridionale, era una grande base navale russa ben
fortificata. I giapponesi avevano la necessità di controllare il mare così da
poter portare il proprio esercito sul continente asiatico, pertanto il loro
primo obiettivo militare fu quello di neutralizzare la flotta russa di stanza a
Port Arthur.
La notte dell'8 febbraio, la flotta
giapponese comandata dall'ammiraglio Tōgō
Heihachirō aprì le ostilità a Port Arthur, silurando
due navi da guerra russe che furono gravemente danneggiate. Il mattino del
giorno dopo ebbe inizio la battaglia di Port Arthur. In questa fase, da un lato
i giapponesi si mostrarono incapaci di sferrare attacchi efficaci contro le
navi russe in quanto esposti al fuoco dell'artiglieria nemica da terra, e
dall'altro i russi rinunciarono ad affrontare battaglia in mare in aperto,
specialmente dopo la morte dell'ammiraglio Stepan Osipovich Makarov, avvenuta il 13 aprile.
L'attacco
navale di Port Arthur, comunque, fu un utile diversivo e consentì ai giapponesi
di sbarcare vicino ad Incheon in Corea. A partire dalla fine di aprile,
l'esercito giapponese sotto il comando di Kuroki Itei sarebbe stato
pronto a varcare il fiume Yalu e fare il suo ingresso nella zona della Manciuria
controllata dai russi.
In contrapposizione alla strategia
giapponese basata su un attacco fulmineo mirato alla conquista in tempi brevi
della Manciuria, la strategia russa prevedeva inizialmente delle operazioni di
temporeggiamento che ostacolassero l'avanzata giapponese facendo guadagnare
tempo prezioso per concentrare i rinforzi che dovevano giungere attraverso la
ferrovia Transiberiana.
Il 1º
maggio ci fu il primo scontro di rilievo tra i
due eserciti: la battaglia del fiume Yalu. Le schermaglie ebbero
inizio quando i giapponesi sferrarono un attacco contro le posizioni russe,
dopo aver attraversato il fiume senza incontrare resistenza. Truppe giapponesi,
nel frattempo, erano sbarcate in vari punti della costa della Manciuria e
cominciarono a sospingere l'esercito russo verso Port Arthur. In questi
scontri, tra cui la battaglia
di Nanshan del 25 maggio, i giapponesi
soffrirono perdite rilevanti, ma l'esercito russo tenne un atteggiamento
passivo e rinunciò quasi sempre ad operazioni di contrattacco.
Nel mare la guerra fu altrettanto intensa.
Dopo l'attacco a Port Arthur dell'8 febbraio, i
giapponesi cercarono di impedire l'uso del porto alle forze navali russe.
Durante la notte tra il13
febbraio e il 14 febbraio, i
giapponesi tentarono di bloccare l'ingresso al porto facendo colare a picco
alcune navi cariche di cemento nel canale antistante il porto. Tuttavia, le
navi finirono in acque troppo profonde per creare un vero ostacolo ai russi.
Successivamente, un ulteriore tentativo, condotto la notte tra il 3 maggio e il 4 maggio, non ebbe
egualmente successo.
A
marzo il vice ammiraglio russo Makarov assunse il comando della Prima Armata
del Pacifico, con l'intenzione di alleggerire la pressione attorno a Port
Arthur. Da allora in poi entrambi i paesi belligeranti iniziarono a minare i
porti nemici. Era la prima volta, nella storia militare, che le mine venivano
usate per scopi dichiaratamente offensivi. Nel passato, infatti, le mine erano state
utilizzate unicamente per difendere i porti dagli attacchi nemici. L'uso delle
mine da parte dei giapponesi si rivelò particolarmente efficace il 12 aprile quando due
corazzate russe, la Petropavlovsk e la Pobeda mentre uscivano da Port
Arthur finirono in un tratto di mare minato dai giapponesi. La Petropavlovsk, comandata dallo stesso Makarov, affondò dopo un'ora, mentre la Pobeda,
pur danneggiata gravemente, riuscì a rientrare in porto. Makarov scelse di
morire rimanendo al comando della Petropavlosk mentre affondava. Ben presto però
i russi ripagarono i giapponesi con la stessa moneta. Il 15 maggio due corazzate giapponesi, la Yashima e la Hatsuse,
finirono sulle mine russe davanti a Port Arthur. La Yashima affondò in pochi
minuti portando con sé 450 marinai, mentre la Hatsuse colò a picco poche ore
dopo. Il 23 giugno un contrattacco delle forze russe, ora sotto il comando dell'ammiraglio
Vitgef, fallì. A partire dalla fine del mese, Port Arthur era di nuovo sotto il
fuoco dell'artiglieria giapponese.
Il
Giappone cominciò un lungo assedio di Port Arthur, che era stata pesantemente
fortificata dai russi. Il 10 agosto la flotta russa tentò di spezzare l'assedio e proseguire versoVladivostok, ma fu
intercettata e sconfitta nella battaglia del Mar Giallo. Il resto della flotta russa
rimase a Port Arthur sotto il fuoco delle forze d'assedio. Ogni tentativo di soccorso da
parte delle forze di terra russe fallì e, dopo la battaglia di Liaoyang verso la fine
di agosto, i russi si ritirarono a Mukden (l'odierna
Shenyang). Port Arthur cadde il 2
gennaio 1905, dopo una serie di combattimenti molto
sanguinosi.
L'esercito giapponese ora poteva sferrare
un attacco verso nord, e a marzo venne espugnata Mukden.
Il pessimo andamento della guerra convinse il governo zarista a compiere una
mossa estrema: in tutta fretta i russi decisero di inviare nel mar del Giappone la propria flotta di
navi militari. Al comando dell'ammiraglio Rožestvenskij cinquanta navi
da guerra salparono alla fine di agosto 1904 dalla base di Kronstadt,
di fronte a Pietroburgo,
dirette a Vladivostok.
Dovevano circumnavigare l'Europa e l'Africa passando per il Capo di Buona Speranza. Poi risalire l'Oceano Indiano
fino all'Estremo Oriente.
La flotta russa fu intercettata nello Stretto
di Corea, di fronte all'isola di Tsushima, da cui la grande battaglia navale prese il nome. Con navi più
veloci e dotati di armi più moderne, guidati con straordinaria perizia dall'ammiraglio
Togo, cui riuscì alla perfezione la manovra vincente (il cosiddetto taglio
della T), i giapponesi risolsero tutto in poche ore. Alla sera del 27
maggio1905, i cannoni
nemici avevano annientato tutte le otto corazzate della flotta russa e ridotto
il loro comandante in fin di vita.
penisola di Liaodong - Port Arthur o Lushunkou
Nel
corso del 1905,
la Russia fu scossa dalla rivoluzione del 1905, che mise a dura prova la
stabilità del governo. In Russia si preferì negoziare una pace che permettesse
di concentrarsi sulle questioni interne.
L'offerta
di mediazione del presidente americano Theodore
Roosevelt condusse al Trattato di Portsmouth (New Hampshire), il 5
settembre 1905.
La Russia cedette al Giappone la metà meridionale dell'isola di Sakhalin,
che era stata sino ad allora sotto il dominio russo (l'isola tornò ai russi nel 1952 con il Trattato di San Francisco dopo la Seconda guerra mondiale). Inoltre i russi dovettero
rinunciare al controllo della base navale di Port Arthur e della penisola
circostante. Inoltre dovettero ritirarsi dalla Manciuria e riconoscere la Corea
come una zona di influenza giapponese. Il Giappone si sarebbe annesso la Corea
nel 1910 scatenando le proteste internazionali.
Fu
questa una delle prime vittorie dell'era moderna di una nazione asiatica su una
europea: il Giappone rafforzò il suo prestigio e cominciò ad essere considerato
una grande
potenza moderna.
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DAL COLONIALISMO GIAPPONESE ALLA GUERRA DI COREA
UN QUADRO
GENERALE
di Fabio Disint
La colonizzazione della penisola Coreana ha lasciato un segno profondo e
radicato nel paese, infatti si è resa responsabile della divisione del Paese
alla fine della seconda guerra mondiale. Il periodo coloniale durò circa trentacinque anni, ovvero
dalla firma del trattato di annessione all’impero giapponese (1910) alla fine
dell’impero giapponese (1945).
Nonostante il trattato stipulato fosse un trattato di annessione, in Corea fu istituito un Chôsen, ovvero l’apparato politico- amministrativo più efficiente della politica coloniale giapponese. Altra caratteristica di questo apparato è la grande influenza e il potere nelle mani della polizia e dell’esercito.
Il Governatore Generale di Chôsen aveva pieni poteri in materia legislativa e giudiziaria sul paese, spesso era un generale o un ammiraglio in servizio attivo al momento della nomina, in modo da poter essere al tempo stesso investito della carica di comandante in capo all’apparato militare coloniale.
La contiguità geografica tra i due paesi asiatici ha facilitato l’instaurazione di un regime gerarchico e di repressione, radicato sul territorio, facendo della penisola coreana un “grande campo militare”.
Nel periodo del suo dominio sulla Corea, il Giappone attuò una politica di modernizzazione economica, anche se il vero scopo era quello di creare una base strategica per preparare un attacco alla Manciuria e poi alla Cina settentrionale. Per questo motivo vennero costruite delle ferrovie e degli aeroporti, usati esclusivamente dalle forze di occupazione.
I giapponesi svilupparono una politica molto dura nei confronti dei coreani, relegandoli a un posto di seconda classe.
Un punto fondamentale della politica coloniale giapponese fu l’esproprio delle terre, dovuto all’aumento della popolazione in Giappone e l’assenza di terre atte alla coltivazione del riso. La Corea, in particolare le regioni meridionali, divennero il granaio del Giappone per tutto il periodo della sua espansione in Asia.
La situazione si aggravò dopo la creazione della Società orientale di bonifica, attraverso la quale numerosi contadini giapponesi immigrarono in Corea. Molti di loro, grazie ad una legislazione che li favoriva divennero proprietari terrieri che sfruttavano contadini coreani come braccianti.
Un altro modo per confiscare terreni pubblici e privati ai coreani fu il pretesto della costruzione della rete ferroviaria. Il Protettorato si appropriò delle terre senza pagare nessun indennizzo, nel caso di terre private il governo coreano fu costretto ad acquistarle per poi donarle all’istituzione giapponese. Il governo coreano fu costretto,quindi, a ricorrere a prestiti dello stato giapponese o d’istituzioni finanziarie giapponesi, che chiedevano tassi di interesse altissimi per poter far fronte a queste spese.
Secondo una stima del 1930, il Protettorato giunse a possedere il 40% del territorio della penisola.
In parallelo all’immigrazione di contadini fu favorita e incoraggiata quella dei pescatori giapponesi. È da considerarsi in questa prospettiva anche l’annessione, nel 1905, dell’isola di Tokdo, che ancora oggi fa parte del contenzioso tra i due Paesi (Giappone e Corea del Sud).
Il Protettorato si assicurò anche il monopolio della produzione di jinsaeng, di sale, di tabacco e oppio.
Questa politica di espropriazione venne usata anche per le risorse del sottosuolo.
I coreani non poterono godere dei benefici che la trasformazione moderna comportava, in quanto erano a favore delle esigenze dell’economia giapponese: i beni prodotti dai coreani erano trasferiti in larga misura in Giappone. Tutti i profitti del capitale giapponese, largamente investito nella penisola, vennero trasferiti ai soli giapponesi.
La Corea fu, come visto in precedenza, terreno di sperimentazione della politica di sfruttamento economico giapponese.
Nel complesso la gestione economica giapponese, considerate le condizioni di partenza e del breve dominio coloniale, ebbe numerosi effetti modernizzatori: aumentando la superficie coltivata, razionalizzazione della conduzione agraria, sviluppo di una buona rete di comunicazioni, infine creazione di industrie.
Una delle caratteristiche della dominazione giapponese sulla penisola coreana fu il tentativo di distruggerne la cultura. Questo fu il vero obbiettivo della politica coloniale giapponese.
Fin da subito i giapponesi cercarono di spogliare la penisola di ogni sorta di beni culturali; si passò dalla distruzione del patrimonio architettonico al sequestro dei beni di valore, bloccando così la crescita e la fecondità della cultura coreana.
Altro fattore importante riguarda la chiusura di tutti i giornali coreani con l’eccezione di quelli filo-giapponesi, avvenuta nel 1907 con l’emanazione della Legge sui giornali. Nel 1916 esistevano diciotto testate giornalistiche di cui: sedici in giapponese, uno in inglese e uno in coreano; tutti sotto stretto controllo governativo.
Nell’ambito scolastico, dopo una serie di riforme moderniste fatte dal governo coreano, il Giappone impose una legge in base alla quale le scuole private avrebbero dovuto ricevere una speciale autorizzazione all’apertura e all’esercizio, così come si sarebbero dovuti usare libri di testo autorizzati dalle forze governative.
Per le scuole pubbliche, il governo giapponese già dal novembre 1911 rendeva noto un progetto in base al quale i coreani dovevano essere educati all’accettazione di un regime autoritario e paternalista incentrato sulla figura dell’Imperatore. Oltre a questo limite, ai coreani, furono imposti altri obblighi: dovevano ricevere solo una educazione di tipo pratico, adatta al lavoro nelle industrie.
Il compito della scuola coreana passò dall’essere promotrice di cultura e modernizzazione ad un mero supporto alla creazione di manodopera subalterna.
I movimenti anti-giapponesi
In seguito a queste forti restrizioni in tutti i settori della vita pubblica e privata, numerosi indipendentisti si rifugiarono in Cina, dove sorsero dei villaggi coreani e si formò un governo coreano in esilio costituito, principalmente, da militari, che si proponeva il compito di lottare contro l’occupazione giapponese. Ma non solo dalla Cina arrivava sostegno contro l’occupazione coreana, infatti, anche dagli USA, dalla Russia, dalla Manciuria e dalla Corea stessa, nascevano gruppi di oppositori. A causa della repressione giapponese assunsero presto un carattere di società segreta, che addestravano propri soldati e tentavano di portare alla ribalta della attenzione internazionale la situazione coreana.
I movimenti di opposizione li possiamo categorizzare in tre distinti gruppi:
- i movimenti legati alla tradizione;
- il movimento nazionalista;
- il movimento comunista.
Nel primo gruppo di opposizione sono da inserire le opposizioni di matrice religiosa, ovvero elementi della classe confuciana e della religione del Ch’ŏndogyo (religione della Via celeste).
Più importanti ai fini della storia del Paese sono gli altri due gruppi; ovvero il movimento nazionalista e quello comunista.
Il movimento nazionalista si basava sull’educazione moderna introdotta sul finire del XIX secolo da missionari protestanti, per lo più americani. I principi su cui si basava questa dottrina nazionalistica vedevano nelle idee occidentali una speranza per il futuro, cozzando quindi con la visione voluta ed imposta dall’Impero nipponico.
Nacquero delle associazioni nazionalistiche che volevano appunto portare in Corea degli elementi occidentali quali: l’adozione di un sistema di democrazia parlamentare, misure di auto rafforzamento che comprendevano la fondazione di scuole di stampo liberale e la promozione dell’industria locale, l’adozione di una politica estera indipendente e neutrale.
Durante la colonizzazione giapponese questi gruppi nazionalistici erano visti come anti-giapponesi e messi al bando, riuscendo nell’intento di disperdere gli organizzatori di questi movimenti al di fuori dei confini nazionali. Quindi nacquero in Corea per poi essere dispersi nei Paesi vicini.
Il movimento comunista, dal canto suo, ha avuto uno sviluppo inverso in quanto i primi gruppi a matrice comunista nacquero in gran parte fuori i confini coreani. In particolare si svilupparono in Siberia e in Manciuria, dove esuli politici coreani si inserirono nel contesto politico russo.
Grazie ad una prima alleanza del gruppo dirigente sovietico con la popolazione asiatica, iniziò la lotta di liberazione dei comunisti coreani contro le truppe giapponesi (1918). Dal 1919 alla fine della seconda guerra mondiale, l’URSS fu il primo punto di riferimento per il movimento comunista coreano frazionato in diversi stati quali la Siberia, la Manciuria, la Cina, il Giappone e la Corea stessa.
Anche per questi movimenti non fu facile stabilirsi in Corea, in quanto l’efficiente apparato di polizia segreta giapponese riusciva a smantellare le organizzazioni politiche. Cosicché dal 1928 alla fine della seconda guerra mondiale l’iniziativa passò al di fuori dei confini coreani. Le attività in Corea ebbero carattere di azioni da guerriglia, gestite in maniera clandestina.
Il futuro dopo la fine dell’impero nipponico e la divisione al 38° parallelo
Nel febbraio del 1945, a Yalta, si decise del futuro della Corea. Gli Stati Uniti erano preoccupati di dover affrontare una guerra “strada per strada” in territorio giapponese e per questo concordarono l’intervento sovietico contro il Giappone. La posizione fu ribadita anche a Postdam nel luglio dello stesso anno, inoltre fu deciso che la Corea sarebbe stata occupata a nord del 38° parallelo dalle truppe sovietiche e a sud da quelle americane per la liberazione della Corea.
Il 10 agosto 1945 le truppe sovietiche sbarcarono nella Corea settentrionale per adempiere agli accordi presi a Postdam. Assieme alle truppe regolari dell’armata rossa, scesero in campo anche gruppi di coreani che avevano combattuto contro l’esercito nipponico in Manciuria, in particolare per l’ Esercito Unito Anti-giapponese del Nord-est, un gruppo guerrigliero guidato e fondato dal Partito Comunista Cinese. Tra i membri di questo gruppo militare spicca il nome di Kim Il Sung.
Fin da subito i sovietici iniziarono a creare nella loro zona di occupazione, interferendo con il governo locale, delle istituzioni di stampo prettamente sovietico.
Gli Stati Uniti, invece, sbarcarono a sud un mese dopo la resa incondizionata del Giappone e trovarono a Seoul una situazione politica in parte consolidata, in quanto era già stata dichiarata la Repubblica popolare di Corea ed era sorto il Partito Democratico di Corea (PDC).
Fu istituita una commissione congiunta russo-americana che doveva trovare una formula per organizzare un governo provvisorio, in vista dell'istituzione di un "governo unificato e democratico" in tutta la Corea.
Fu deciso alla Conferenza di Mosca (dicembre 1945) che la Corea sarebbe stata governata per cinque anni da una amministrazione fiduciaria.
Mentre a Nord del 38° parallelo la decisone di Mosca venne accettata senza grossi problemi data la prevalenza dei comunisti sul territorio, al Sud la presenza dei comunisti provocava una grossa frattura sociale, tra questi e i nazionalisti che volevano l’indipendenza subito. Il risultato fu un susseguirsi di violenze e di corruzione fino al 1948.
Il 1948 è l’anno della svolta democratica nella Corea del Sud. Infatti si indirono, sotto il controllo di una Commissione temporanea voluta dall’ONU su richiesta degli Stati Uniti, delle elezioni per permettere la creazione di un governo rappresentativo di tutta la Corea che avrebbe poi negoziato il ritiro delle truppe sovietiche e americane. Le elezioni avvennero solo al Sud del 38° parallelo in quanto l’URSS si espresse contro. Il 12 luglio 1948 venne sancita la Costituzione e venne eletto Sygman Ree (noto militante anti-giapponese) come presidente.
Nel Nord il percorso che portò alla nascita della Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK) fu meno traumatico e più lineare, in quanto mancava una opposizione numericamente ed economicamente forte e l’URSS lasciò ai coreani la possibilità di creare, apparentemente in libertà, dei Comitati del Popolo (in realtà manovrati dai sovietici).
Nei primi anni dell’occupazione sovietica, nacque, dalla fusione di due parti comunisti coreani, il Partito dei Lavoratori della Corea del Nord (1946), che nel 1947 riuscì a controllare pienamente il territorio a nord del 38° parallelo.
Nel 1948, tre mesi dopo le elezioni avvenute nella Corea del Sud, si tennero le elezioni per l’Assemblea del Popolo. I risultati diedero la presidenza a Kim Tu Bong e il ruolo di primo ministro a Kim Il Sung. Il 9 settembre 1948 veniva formalmente proclamata la fondazione della Repubblica Popolare di Corea.
Così facendo, si venne a creare una situazione di paralisi tra i due Paesi asiatici, uno sotto l’influenza militare e politica di Cina e URSS (Corea del Nord), l’altro sotto l’influenza degli Stati Uniti d’America (Corea del Sud).
Alla fine del 1948 la guerra di Corea sembrava inevitabile, i rapporti tra le due parti erano sempre più tesi: a sud il regime consolidò il suo potere a scapito dei gruppi di sinistra (finanziati dal nord); il nord prese a inviare agenti provocatori a sostegno delle operazioni di guerriglia contro la Corea del Sud e iniziò a sviluppare una economia di guerra.
Nel dicembre 1945, una conferenza
si riunì a Mosca per trattare il futuro della Corea. Fu
discussa un'amministrazione fiduciaria di 5 anni, e fu istituita una
commissione congiunta sovietico-americana. La commissione si riunì in modo
discontinuo a Seul,
ma giunse ad un punto morto sulla questione di costituire un governo nazionale.
Nel settembre 1947, con nessuna soluzione in vista, gli Stati Uniti sottoposero
la questione coreana all'Assemblea
generale delle Nazioni Unite.
Le iniziali speranze per una
Corea unificata,
indipendente, evaporarono rapidamente quando la politica della Guerra fredda e l'opposizione al piano di
amministrazione fiduciaria da parte degli anti-comunisti coreani ebbero come
risultato alla costituzione nel 1948 di due nazioni separate con sistemi
politici, economici e sociali diametralmente opposti.
Il 25 giugno 1950, con la sua risoluzione n. 82 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riconobbe la Repubblica di Corea come il solo governo legale della Corea.
Nel giugno 1950 scoppiò la Guerra di Corea quando la Corea del Nord violò la linea del 38º parallelo per invadere il Sud, ponendo fine per il momento a qualsiasi speranza di una riunificazione pacifica.
A causa del dominio americano sulla Corea del Sud, questa è divenuta una democrazia capitalista, mentre la Corea del Nord, a causa dell'occupazione sovietica, ha istituito un governo di tipo comunista. Da allora i rapporti tra le due Coree hanno conosciuto alti e bassi, oscillando sempre fra momenti di aperta ostilità e tentativi di dialogo e riavvicinamento.
Il 25 giugno 1950, con la sua risoluzione n. 82 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riconobbe la Repubblica di Corea come il solo governo legale della Corea.
Nel giugno 1950 scoppiò la Guerra di Corea quando la Corea del Nord violò la linea del 38º parallelo per invadere il Sud, ponendo fine per il momento a qualsiasi speranza di una riunificazione pacifica.
A causa del dominio americano sulla Corea del Sud, questa è divenuta una democrazia capitalista, mentre la Corea del Nord, a causa dell'occupazione sovietica, ha istituito un governo di tipo comunista. Da allora i rapporti tra le due Coree hanno conosciuto alti e bassi, oscillando sempre fra momenti di aperta ostilità e tentativi di dialogo e riavvicinamento.
Il Giappone partecipò
alla prima guerra mondiale dal 1914 al 1917, come alleato della Triplice Intesa, giocando un
ruolo importante nelle rotte del Pacifico meridionale e dell'Indiano contro la Kaiserliche Marine. Politicamente il Giappone colse l'occasione di ampliare la
propria sfera d'influenza in Cina, e di ottenere il riconoscimento di grande potenza nella
geopolitica postbellica.
Le forze giapponesi occuparono rapidamente
l'impero coloniale tedesco in Estremo Oriente. Il 2 settembre esse sbarcarono nella provincia cinese di Shandong e assediarono le postazioni tedesche a Qingdao.
Nell'ottobre seguente, con un'iniziativa
virtualmente svincolata dal governo civile, la marina giapponese si impossessò
di molte delle colonieinsulari tedesche nel Pacifico, le Marianne, le Caroline e le Marshall, senza incontrare resistenza.
La marina imperiale guidò il primo attacco aeronavale della storia,[1] contro obiettivi di terra in mano tedesca
nella provincia di Shandong e navi ormeggiate nella baia di Qiaozhou, da una portaerei premoderna, la Wakamiya.
La battaglia di Qingdao si concluse con la
resa delle forze coloniali tedesche il 7 novembre.
Con gli alleati europei, pesantemente coinvolti nella guerra nel Vecchio Continente, il Giappone cercò di consolidare ulteriormente le proprie posizioni in Cina
Con gli alleati europei, pesantemente coinvolti nella guerra nel Vecchio Continente, il Giappone cercò di consolidare ulteriormente le proprie posizioni in Cina
Il 3 luglio 1916 il Giappone e la Russia stipularono un
trattato con cui concordavano una
reciproca consultazione e una azione comune nel caso che il territorio o gli
interessi di uno dei due paesi fossero minacciati da una parte esterna. Il
trattato contribuì a rafforzare ulteriormente l'egemonia nipponica in Manciuria e Mongolia Interna.
Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, il 6 aprile 1917, americani e giapponesi
si trovarono dalla stessa parte, malgrado le loro relazioni sempre più tese a
causa della questione cinese e la competizione per il controllo del Pacifico.
Ciò condusse al patto Lansing-Ishii, per l'alleggerimento della tensione, il 2 novembre 1917.
Nel 1918, il Giappone continuò a estendere la propria influenza e i
propri privilegi in Cina. Dopo il collasso dell'Impero Russo nella Rivoluzione d'Ottobre, nel 1918 il Giappone e gli Stati Uniti spedirono forze in Siberia per sostenere l'Armata Bianca
contro l’Armata Rossa bolscevica.
Nell'intervento in Siberia, l'esercito imperiale giapponese previde
inizialmente l'invio di oltre 70.000 uomini per occupare la regione fino al
limite estremo occidentale del lago Bajkal. Il piano fu
ridimensionato considerevolmente a causa dell'opposizione degli Stati Uniti.
L'anno 1919 vide il Giappone
sedere fra i Quattro Grandi (David Lloyd George, Vittorio Emanuele Orlando, Woodrow Wilson eGeorges Clemenceau) della Conferenza di pace di
Versailles. A Tokyo fu garantito un seggio permanente al
Consiglio della Società delle Nazioni, e la successiva Conferenza di
Parigi confermò la cessione al Giappone dei possedimenti tedeschi di Shandong. Analogamente, le isole ex
tedesche del Pacifico furono poste sotto mandato
giapponese.
Nonostante il ruolo relativamente marginale del Giappone nella Prima guerra mondiale (e il rifiuto delle potenze occidentali di accettare la sua proposta di una clausola di uguaglianza razziale nel trattato di Versailles), alla chiusura delle ostilità il paese asiatico era emerso come una grande potenza nella politica internazionale.
Nonostante il ruolo relativamente marginale del Giappone nella Prima guerra mondiale (e il rifiuto delle potenze occidentali di accettare la sua proposta di una clausola di uguaglianza razziale nel trattato di Versailles), alla chiusura delle ostilità il paese asiatico era emerso come una grande potenza nella politica internazionale.
La prosperità apportata dalla guerra, però, non
durò. Sebbene l'industria leggera si fosse assicurata una fetta del mercato
mondiale, il Giappone tornò ad essere una nazione debitrice poco dopo la
conclusione del conflitto. La facile vittoria, l'impatto negativo della
recessione del periodo Showa nel 1926, e le instabilità politiche interne contribuirono all'ascesa
del militarismo giapponese nei tardianni venti e negli anni trenta.
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L'attacco
giapponese a Pearl Harbor
Il coinvolgimento americano in quella che sempre di più stava diventando una guerra antifascista sembrava inevitabile. A trascinare gli Stati Uniti nel conflitto fu l'aggressione improvvisa subita nel Pacifico da parte del Giappone, la maggiore potenza dell'emisfero orientale ed il principale alleato asiatico di Germania e Italia, cui era legato, dal settembre 1940, da un patto di alleanza detto "tripartito". Già impegnato dal '37 in una guerra di conquista contro la Cina, il Giappone aveva profittato del conflitto europeo per ampliare le sue aspirazioni espansionistiche a tutti i territori del sud-est asiatico. Quando, nel luglio '41, i giapponesi invasero l'Indocina francese, Stati Uniti e Gran Bretagna reagirono decretando il blocco delle esportazioni verso il Giappone. L'Impero asiatico -paese industrialmente sviluoppato ma povero di materie prime- decise di scatenare la guerra, piuttosto che piegarsi alle richieste delle potenze occidentali, che esigevano il ritiro delle truppe giapponesi dall'Indocina e dalla Cina. Il 7 dicembre 1941 l'aviazione giapponese attaccò, senza previa dichiarazione di guerra, la flotta degli Stati Uniti ancorata a Pearl Harbor, nelle Hawaii, e la distrusse in buona parte. Nei mesi successivi, profittando della netta superiorità navale così conquistata nel Pacifico, i giapponesi raggiunsero di slancio tutti gli obiettivi che si erano prefissati: nel maggio '42 controllavano le Filippine -strappate agli USA-, la Malesia e la Birmania britanniche, l'Indonesia olandese, ed erano in grado di minacciare l'Australia e la stessa India, costringendo la Gran Bretagna a distogliere forze preziose dal medio Oriente.
Pochi giorni dopo l'attacco a Pearl Harbor, anche Germania ed Italia dichiaravano guerra agli Stati Uniti.
Battaglie del
Mar dei Coralli e delle Isole Midawy
Fra il 1942 ed il 1943 l'andamento della guerra subì una svolta decisiva su tutti i fronti. I primi segni di inversione di tendenza si ebbero nel Pacifico, dovela spinta offensiva dei giapponesi fu fermata dagli americani -nel maggio-giugno '42- nelle battaglie del Mar dei Coralli, di fronte alla costa della Nuova Guinea, e delle isole Midway, ad ovest delle Hawaii: questi furono i primi scontri navali in cui le flotte si affrontavano senza vedersi, a decine di chilometri l'una dall'altra, bombardandosi a vicenda con gli apparecchi che decollavano dalle grandi portaerei.
La sconfitta del
Giappone, le bombe atomiche e la fine della guerra
A partire dal 1943, nonostante la priorità accordata al fronte europeo, gli Stati Uniti avevano iniziato una lenta riconquista delle posizioni perdute nel Pacifico, valendosi di una superiorità che si faceva sempre più netta man mano che l'industria statunitense dispiegava tutto il suo enorme potenziale. Decisivo fu soprattutto l'apporto delle grandi portaerei -capaci di trasportare fino a 50 apparecchi- e dei bombardieri strategici, le cosiddettesuperfortezze volanti, che dalla fine del '44 cominciarono a bombardare sistematicamente il territorio nipponico. Nell'estate del '45 gli alleati, ormai liberi da impegni bellici in Europa, erano pronti a portare l'attacco nel territorio nemico. Un nemico che, però, continuava a combattere con eccezionale accanimento, rifiutando di arrendersi anche nelle condizioni più disperate e facendo ampio ricorso all'azione dei kamikaze, aviatori suicidi che si gettavano sulle navi avversarie con i loro aerei carichi di esplosivi.
Fu a questo punto che il nuovo presidente americano, Henry Truman -Roosevelt era morto il 12 aprile 1945- decise di impiegare contro il Giappone la nuova arma totale, la bomba a fissione nucleare o bomba atomica, che era stata appena messa a punto da un gruppo di scienziati e sperimentata per la prima volta il 16 luglio nel deserto del New Mexico. La decisione di Truman serviva innanzitutto ad abbreviare una guerra che si annunciava ancora lunga e sanguinosa, ma aveva anche lo scopo di offrire al mondo -e soprattutto agli alleati/rivali sovietici- la dimostrazione della potenza militare americana. Il 6 agosto 1945 un bombardiere americano sganciava la prima bomba atomica sulla città di Hiroshima. Tre giorni dopo l'operazione era ripetuta a Nagasaki. In entrambi i casi le conseguenze furono spaventose: non solo per il numero dei morti -100.000 ad Hiroshima, 60.000 a Nagasaki- e per la distruzione totale delle due città, ma anche per gli effetti di lungo periodo su quanti erano stati contaminati dalle radiazioni. Il 15 agosto, dopo che l'Unione Sovietica aveva anch'essa dichiarato guerra al Giappone, l'imperatore Hirohito offrì agli alleati la resa senza condizioni. Con la firma dell'armistizio, il 12 settembre 1945, si concludeva così il secondo conflitto mondiale.
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http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Pacifico_(1941-1945)
http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Pacifico_(1941-1945)
La guerra del Pacifico, in giapponese "guerra
del Pacifico" (太平洋戦争 Taiheiyō
Sensō?), o
anche "Grande Guerra dell'Asia Orientale" (大東亜戦争 Dai Tō-A
Sensō?), è
stato un conflitto svoltosi nella metà occidentale dell'oceano Pacifico, nel sud-est asiatico e nella
Cina occupata dall'esercito imperiale giapponese. Venne combattuta tra l'Impero giapponesefacente parte dell'Asse e lo schieramento
alleato comprendente Stati Uniti d'America, Regno Unito, Cina, Australia, Olanda eNuova Zelanda; l'Unione Sovietica rimase neutrale fino all'agosto 1945 quando intervenne in Manciuria per
accaparrarsi territori un tempo russi.
Inclusa nella seconda guerra
mondiale poiché ne
comprende alcune tra le più importanti battaglie e campagne, ha le sue radici
nel processo di militarizzazione capillare del Giappone e nello sviluppo di
un'ideologia panasiatica dannosa per le potenze coloniali dell'area. Lo scoppio
nel 1937 della seconda
guerra sino-giapponese, l'aggressività nipponica nel sud-est
asiatico e i provvedimenti economici presi dagli Stati Uniti per frenarla
spinsero i capi delle forze armate imperiali a lanciare un attacco a sorpresa
a Pearl Harbor il 7 dicembre 1941 per annientare la US Navy;
l'operazione fu seguita dalla fulminea espansione nel Pacifico e nelle isole
del sud-est asiatico con l'appoggio di Thailandia e
vari movimenti indigeni nazionalisti: l'enorme ma effimero dominio giapponese
prese il nome di "Sfera di
coprosperità asiatica".
La potenza militare nipponica
subì un duro e improvviso arresto alle Midway nel giugno 1942: da allora iniziò un
susseguirsi di disfatte aeronavali e di sconfitte su atolli ed isole, mentre si
intensificavano i bombardamenti aerei statunitensi sul suolo metropolitano
giapponese, iniziati nel giugno 1944 e culminati con il lancio della bomba
atomica su Hiroshima il 6 agosto1945 e di un'altra su Nagasaki il 9 agosto. Con il paese in ginocchio, l'Imperatore Hirohito impose la sua decisione di cessare le
ostilità al bellicoso clan militarista: la mattina del 15 agosto il Giappone si arrese senza condizioni agli Alleati,
firmando lacapitolazione il 2 settembre sulla
corazzata Missouri,
ancorata nella rada di Tokyo.
Tra le conseguenze della resa il
Giappone dovette rinunciare a tutte le conquiste effettuate dal 1894, e i
territori che aveva assoggettato divennero paesi sovrani prima degli anni cinquanta. La fine della guerra del
Pacifico aprì inoltre l'Asia e gli arcipelaghi oceanici al cammino verso la decolonizzazione e l'indipendenza, scontrandosi con
l'intransigenza delle potenze europee che avrebbero voluto reimpossessarsi dei
loro imperi prebellici.