Il 20 novembre 1989 fu approvata dalle Nazioni Unite la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia. Da quell’anno, in quella data, l’ONU celebra la Giornata Mondiale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza per ricordare i diritti dei minori. La giornata è arrivata al suo 23° anniversario proprio mentre decine di bambini morivano sotto le bombe israeliane a Gaza. Nessun diritto per i bambini palestinesi di Gaza, sepolti sotto le bombe israeliane che incessantemente cadono con una violenza inaudita in quel pezzo di terra dimenticato da Dio e dalla comunità internazionale.
È difficile contare il numero dei morti (nel momento in cui scrivo si è abbondantemente superato i 140 palestinesi e 5 israeliani) un terzo dei quali, stando a fonti dell’esercito israeliano riportate dal quotidiano israeliano Haaretz, sono civili. Tra di essi molte donne (circa un quarto dei morti) e bambini. Non sono numeri: sono esseri umani innocenti la cui vita è stata rubata per sempre dall’esercito israeliano che decide di punire collettivamente i palestinesi di Gaza. Tra i bambini morti ricordo Omar Al-Mashharawi (11 mesi), Walid Al-Abalda (2 anni), Hanin Tafesh (10 mesi), Gumana Salamah Abu Sufyan (1 anno), Ibrahim Mohammed Jamal Al-Dalou, (1 anno). Questi sono solo alcuni dei neonati che l’esercito israeliano, nell’esercizio di quello che tutte le diplomazie internazionali chiamano diritto di autodifesa, ha rubato a questo mondo. L’umanità tutta, non solo i palestinesi, ha perso qualcosa. Siamo tutti un po’ meno umani ora. Niente può giustificare l’uccisione di bambini innocenti. Niente. Neppure il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele.
Israele bombardando incessantemente, dall’alto, dal mare e da terra, una zona tra le più popolate al mondo sa benissimo che può uccidere civili inermi perchè dentro ogni palazzina ci sono intere famiglie che la povertà costringe a vivere in 10 e spesso in 20 sotto uno stesso tetto. Distruggendo quel tetto Israele sa benissimo che sta uccidendo anche donne e bambini. Lo sa bene, come il figlio dell’ex primo ministro israeliano Ariel Sharon ha scritto sulle colonne del Jerusalem Post “Abbiamo bisogno di appiattire interi quartieri di Gaza. Appiattire tutta Gaza. Gli americani non si sono fermati con Hiroshima - i giapponesi non si stavano arrendendo facilmente così hanno colpito anche Nagasaki”
O come il membro del parlamento israeliano Michael Ben-Ari ha detto “Non ci sono innocenti a Gaza”. O ancora il portavoce del primo ministro israeliano Mark Regev, giustificando il bombardamento dell’edificio che ospita i giornalisti, ha
spiegato ai microfoni di Al-Jazeera che non esistono “legittimi giornalisti palestinesi a Gaza”, poiché tutti vicini ad Hamas.
O come il membro del parlamento israeliano Michael Ben-Ari ha detto “Non ci sono innocenti a Gaza”. O ancora il portavoce del primo ministro israeliano Mark Regev, giustificando il bombardamento dell’edificio che ospita i giornalisti, ha
spiegato ai microfoni di Al-Jazeera che non esistono “legittimi giornalisti palestinesi a Gaza”, poiché tutti vicini ad Hamas.
È triste dirlo, ma è lo stesso ragionamento che fa Hamas (che non riconosce Israele) e tutti gli integralisti: se voti un governo che ci bombarda sei complice e dunque colpevole. Colpevoli sono per Hamas tutti i cittadini di Israele e colpevoli sono agli occhi degli integralisti israeliani tutti i cittadini di Gaza. La guerra alimenta entrambe le fazioni di falchi. Prevedo attentanti non solo in Israele ma in altre parti del mondo per colpire obiettivi israeliani e prevedo bombardamenti sempre più feroci e micidiali da parte israeliana. Ahimè quando governano i falchi (da entrambi le parti) la pace si allontana. Da quando è iniziata la guerra, la popolazione civile di ambo le parti vive una vita meno serena. Vivono meno tranquilli i cittadini della capitale israeliana Tel Aviv (per la prima volta raggiunta dai razzi artigianali di Hamas) e vivono (chi ancora vive) meno sereni i cittadini di Gaza sotto incessante e continuo bombardamento.
Non c’è dubbio che il vero vincitore di questa guerra scatenata da Netanyahu, comunque vada, sia Hamas: Egitto, Turchia e Tunisia (i cui governi sono molto vicini al movimento islamico sunnita di Hamas) hanno incontrato Khaled Meshal leader di Hamas e non Mahmoud Abbas leader dell'OLP (che invece spera e lotta per la pace e ha riconfermato l’intenzione di chiedere entro fine novembre alle Nazioni Unite di elevare il rango della rappresentanza diplomatica palestinese al livello di Stato osservatore non membro, a dispetto dell’opposizione di Israele e Stati Uniti) la cui credibilità agli occhi dei palestinesi e del mondo arabo è quasi nulla, distrutta assieme agli accordi di pace. Anche Netanyahu preferisce “parlare” direttamente con Hamas (d’altronde fu lo stesso Israele a sostenere l’ascesa di Hamas per contrastare il potere di Arafat e spaccare il fronte palestinese, secondo il celebre “divide et impera”). Per ogni militante di Hamas ucciso, centinaia di altri giovani palestinesi, i cui genitori, figli o fratelli sono stati uccisi dalle bombe israeliane, saranno pronti, in questo clima di odio e terrore, ad arruolarsi e combattere assieme alla resistenza. Così come i razzi che cadono in territorio israeliano alimentano i falchi israeliani (vicini a Netanyahu) e la dura repressione dell’esercito.
Questa guerra non fa che allontanare, ancora di più i sogni di pace. A perdere, in questa ennesima guerra che insanguina il Medio Oriente è, infatti, la pace, sempre più una chimera. Gli accordi di Oslo del 1993 (quelli firmati da Rabbin poi ucciso dagli integralisti israeliani e Arafat “misteriosamente” morto per avvelenamento) sono oramai un retaggio del passato. Ma a perdere sono soprattutto i bambini, vittime innocenti di un conflitto che divampa in quella che dovrebbe essere la terra santa, ma che per loro sta diventando un inferno.
22 novembre 2012