lunedì 18 aprile 2011

crisi libica -GLI INTERESSI DEI PAESI OCCIDENTALI SULLA GUERRA IN LIBIA

Dietro la crisi libica si celano i giochi di strategia geopolitici ed economici dei Paesi occidentali, in quella che a tutti gli effetti può essere considerata una guerra colonialista
E' di questo avviso Michel Chossudovsky (economista canadese, professore di economia presso l' Università di Ottawa, Direttore del Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione )

La Libia è, infatti, tra le più grandi economie petrolifere del mondo, con circa il 3,5% delle riserve mondiali di petrolio, più del doppio di quelle degli USA, ed è, con 46,5 miliardi di barili di riserve accertate, la più grande economia petrolifera del continente africano, seguita da Nigeria e Algeria. 

Un'invasione della Libia servirebbe gli interessi delle imprese delle nazioni occidentali, come l'invasione e l'occupazione dell'Iraq del 2003.

Inoltre servirebbe a destabilizzare la National Oil Corporation (in sigla NOC è la compagnia petrolifera nazionale della Libia che possiede metà del petrolio del paese)

Non è un caso che siano i francesi più degli altri paesi (Inghilterra e Italia) a cercare di avere il controllo delle operazioni. Tale controllo gli permetterebbe di accampare più diritti nel caso di realizzazione di uno scenario post Gheddafi. 

L'altro contendente nel territorio libico e nord africano sono gli USA, interessati a destabilizzare non solo il potere della National Oil Corporation, accaparrandosi con le loro società (ExxonMobil e Occidental Petroleum) più diritti sull'oro nero libico, ma anche a creare le premesse di una sua maggior influenza anche in altri paesi, come il Ciad e la Nigeria (dove se la deve vedere sempre più con Francia e Cina).

L'Italia ha forti interessi in Libia. L’Eni estrae 244 mila barili di gas e petrolio, che rappresentano il 35% delle esportazioni della Libia. Tuttavia i suoi precedenti rapporti di amicizia con Gheddafi, nonché la vicinanza del nostro paese alle sue coste, fanno si che sia più che esposta al rischio di ritorsioni economico-militari e quindi più “bloccata” nel prendere liberamente le decisioni e farsi lei stessa da leader della coalizione.

In sostanza si attende che gli USA facciano da paciere tra gli interessi in gioco e, nello stesso tempo, si prendano le responsabilità in caso di ritorsioni.

http://finanza.excite.it/guerra-libia-gl-iinteressi-economici-N68591.html

'L'Eni ritiene non compromessi i rapporti con la Libia. Noi manteniamo rapporti con la National oil company (NOC) che è il nostro interlocutore naturale. Qualunque sia il sistema politico che ci sarà in futuro in Libia, ci sarà la  NOC che ha dei contratti e rapporti con noi.”

Se venisse sconfitta la ribellione che chiede un regime democratico, l'ultima parola sui rapporti con l’Italia resterebbe al rais Muammar Gheddafi, il quale ha dichiarato in un'intervista a Il Giornale, di sentirsi molto tradito dal presidente del Consiglio Berlusconi, minacciando al contempo la possibilità di scindere i legami economici e finanziari che legano la Libia all'Italia

http://finanza.excite.it/eni-sospesa-la-produzione-di-petrolio-in-N68367.html


La Libia è il primo fornitore di petrolio all'Italia, garantendo il 23,3% del nostro fabbisogno, mentre tramite il gasdotto Greenstream, che collega le coste libiche a Gela, di cui la National Oil Corporation libica ha rilevato una parte della quota che era dell'Eni, arriva quasi il 12% del gas utilizzato dal nostro paese.
Ma anche in fatto di armi non scherziamo.
Solo nel biennio 2008-2009 l'Italia ha autorizzato le proprie ditte a vendere armi alla Libia per un totale di 205 milioni di euro, più di un terzo dell'ammontare di tutte le autorizzazioni concesse dalla Ue.

A differenza di Francia e Germania che hanno sospeso gli invii di materiale bellico ai paesi nordafricani teatro della rivolta popolare, l'Italia ha continuato come se nulla fosse. 

D'altro canto la Libyan Investment Authority possiede delle azioni Finmeccanica, e , dopo il Ministero dell'Economia italiano, ha il controllo dell’azienda, la cui produzione a fini bellici è in continua espansione. 

La Libia ha anche una notevole presenza nel sistema finanziario italiano. È quella in Unicredit, ove la Libia è virtualmente primo azionista, possedendone il 4,9%, tramite la sua Banca Centrale, e il 2,5% tramite il già citato Libyan Investment Authority.

Anche sul fronte delle telecomunicazioni i libici sono molto attivi, possiedono infatti il 14,8% di Retelit, controllata da Telecom Italia, attiva nei servizi a banda larga.

Mentre Impregilo, la grande società italiana di infrastrutture, è impegnata in Libia nella costruzione di tre centri universitari. Complessivamente l'Istituto per il commercio estero valuta che la presenza italiana in Libia ammonti attualmente a 130 aziende per un'occupazione complessiva di 600 persone.

Infine Gheddafi possiede il 7,5% della società sportiva Juventus (d'altro canto la Fiat è di casa in Libia) tramite la Libyan Arab Foreign Investment Company.



Un interessante punto di vista dal blog  http://www.giorgiomontanari.com
Si fa fatica a star dietro a certi argomenti, per cui fino a pochi giorni fa se le forze occidentali non intervenivano in Libia era per via dei loro interessi economici e oggi che intervengono in Libia è per via dei loro interessi economici.
 Faccio notare però un elemento fattuale: la risoluzione dell’ONU e gli attacchi internazionali sono arrivati quando Gheddafi aveva vinto.
Quando aveva respinto i ribelli fino a Bengasi e stava già mettendo in atto la “vendetta casa per casa”.
Volendo privilegiare la stabilità e gli interessi economici, la cosa migliore da fare sarebbe stata non fare niente, lasciare a Gheddafi la vittoria e la vendetta e poi ricominciare a fare affari con lui come prima, business as usual. Che infatti è la posizione della Lega Nord, movimento politico dalla nota sensibilità umanitaria.