domenica 6 aprile 2008

La sarda rivoluzione: LA RIVOLUZIONE A SASSARI

2 La Rivoluzione a Sassari

Per vent'anni i Savoia tennero in posizione marginale l'isola, che pure aveva conferito loro il titolo regio, appunto quello di re di Sardegna.
Il re Vittorio Amedeo II di Savoia (1720-1730) non effettuò nessun intervento per migliorare le condizioni di grave arretratezza lasciate dagli spagnoli, salvo una prima riorganizzazione del sistema fiscale; mentre qualche prima misura fu adottata in maniera episodica da Carlo Emanuele III (1730-1773).
A partire dal 1743 un potente ministro piemontese, Gian Lorenzo Bogino, attuò illuminate misure di carattere riformistico: riaprì, rifondandole sul modello dell'ateneo di Torino, le università di Cagliari e di Sassari, dove si provvide nel 1764 a riorganizzare il funzionamento dell’università in seguito alle richieste delle autorità locali.; rafforzò i consigli comunali e creò i monti frumentari, ossia un sistema finanziario pensato per incrementare l'agricoltura e liberare i contadini dal peso dei debiti. A Bogino si deve anche la valorizzazione dell'arcipelago della Maddalena, dove venne costruita una piazzaforte militare a protezione del porto, che diventerà nell'Ottocento un'importante base militare.
Ma la già debole spinta riformistica si spense sotto Vittorio Amedeo III (1773-1796) durante il cui regno tornarono a prevalere in Sardegna condizioni di isolamento e arretratezza.

A Sassari, che precedentemente aveva tratto beneficio dalle iniziative del Bogino, espandendosi e superando i 16000 abitanti, un governatore avido e prepotente, Allì di Maccarani, condusse i ceti popolari a ribellarsi, il 23 aprile 1780, devastando gli edifici pubblici e saccheggiando la frumentaria e numerosi negozi.
Durante gli anni della Rivoluzione francese, nel decennio rivoluzionario di fine secolo, si formò nell’isola un movimento antifeudale e antisabaudo. Le popolazioni rurali soprattutto del Logudoro tumultuavano ed insorgevano contro i feudatari.
Queste insurrezioni miravano a conseguire proprio ciò che i sardi avevano perduto respingendo valorosamente la flotta del Truguet!
I vassalli (1) si rifiutavano di pagare i tributi feudali. Nel 1793 Ossi fece resistenza contro il duca dell’Asinara e sul suo esempio si ribellarono anche Sennori e Sorso, mettendo in fuga i dragoni del Governatore (2). Il fermento si estese pure a Bulzi, Sedini, Nulvi, Osilo, Ploaghe, che rifiutarono di pagare i diritti feudali.
Via via i moti si estesero a quasi tutto il Logudoro e oltre: Ittiri, Uri, Thiesi, Pozzomaggiore, Bonorva; e mentre in principio furono dimostrazioni passive e isolate, ora i vassalli, nel 1795, si armano (Ozieri leva in armi 600 uomini) e qua e là si impossessano (Ittiri e Uri con 700 armati) dei granai e dei feudatari.
Si stipulano anche patti di intesa, come quello di Thiesi, Bessude e Cheremule, con atto pubblico notarile registrato a Sassari, con la firma di 113 persone che affermano di non riconoscere più alcun feudatario e chiedono il riscatto delle terre. Anche Bonorva, Semestene e Rebeccu stipulano un documento analogo.
Sassari divenne il luogo di raccolta delle forze conservatrici feudali e religiose, che vi si asserragliarono, assumendo un atteggiamento di ribellione e di disubbidienza di fronte a Cagliari, capitanate dal ricchissimo e superbo Duca dell’Asinara.
Ma, ciò nonostante, un piccolo esercito di democratici, formato da alcune migliaia di contadini, riuscì ad impadronirsi della città mentre i feudatari fuggivano al primo scambio di archibugiate. I capi della rivolta, gli avvocati Gioacchino Mundula e Francesco Cilocco, posero il loro quartier generale nel convento di Sant’Agostino. Seguì una breve battaglia presso il Castello e davanti alla torre di Porta Macello (l’attuale mercato) e Sassari si arrese : Il palazzo del duca dell'Asinara fu messo a soqquadro, fu rimosso il consiglio civico, l’arcivescovo Della Torre e il governatore Santuccio, fatti prigionieri, furono inviati a Cagliari .
In queste circostanze, inviato da Cagliari col compito di rimettere ordine nel Logudoro, il 28 Febbraio del 1796, fece il suo ingresso in città, l’alternos (3) Giovanni Maria Angioy, accompagnato ed acclamato da una folla di patrioti raccolti durante la sua marcia trionfale verso la città, al canto dell’Inno “A su Patriottu sardu” del poeta Mannu: “Procurade ‘e moderare barones sa tirannia”.
Essi erano animati dall’intento, rivelatosi però ancora prematuro, di giungere all’abolizione del sistema feudale.
Questo tentativo finì ben presto nel nulla, e fu seguito da feroci repressioni.
L'isola rimase saldamente controllata dai Savoia, grazie anche all'appoggio navale fornito dall'Inghilterra. Il regime feudale che gravava sulle proprietà fu abolito solo nel triennio 1836-1839, sotto Carlo Alberto.





Note

1) Vassallo è un termine che si riferisce al sistema feudale instauratosi in Sardegna con la dominazione aragonese, per cui il vassallaggio è l’atto di sottomissione che un uomo libero fa ad un signore cui viene giurata fedeltà e assicurato l’appoggio militare in cambio di protezione e di un feudo o beneficio. In questo caso, per VASSALLI non si intendono i grandi feudatari, cioè i “baroni”spagnoli che il re d’Aragona aveva investito del beneficio delle terre prima appartenenti ai liberi sudditi degli antichi giudicati, ma il termine VASSALLI è riferito agli stessi abitanti sardi, cioè i contadini e soprattutto le comunità di villaggio sottomesse ai diritti feudali.
2) Quando, nel 1418, il Governatore Generale (anche detto alternos), delegato dai sovrani spagnoli a sostituirli e rappresentarli nel Regno di Sardegna, prese il nome di viceré, il Capo di Logudoro, ed il Capo di Cagliari- Gallura, le cui denominazioni rimasero a segnare l’antica divisione territoriale dello Stato, furono rappresentati ognuno da un proprio GOVERNATORE, senza alcun effettivo potere, se non quello di sostituire il viceré in caso di vacatio
3) Alternos significa “un altro da noi” dove per “noi” si intende il re o anche il viceré, dunque un funzionario con incarichi delegati. Il più famoso alternos fu Angioy, nominato il 3 febbraio 1796 dal viceré Vivalda a sostituirlo con pieni poteri civili, giudiziari e militari, presso il Capo del Logudoro per calmarne i disordini.