domenica 8 luglio 2012

COSA SUCCEDE IN SIRIA?





                                                  
La guerra civile siriana è un conflitto in corso nel paese che vede opposte le forze lealiste di Bashar al-Assad e quelle dei rivoltosi, riunite nel Consiglio nazionale siriano.
Le proteste, che hanno assunto connotati violenti sfociando in sanguinosi scontri tra polizia e manifestanti, hanno l'obiettivo di spingere il presidente siriano Bashar al-Assad ad attuare le riforme necessarie a dare un'impronta democratica allo stato.
In virtù di una legge del 1963 che impediva le manifestazioni di piazza (solo dopo diverse settimane di scontri formalmente revocata), il regime ha proceduto a sopprimere, anche ricorrendo alla violenza, le dimostrazioni messe in atto dalla popolazione, provocando un numero fin ora imprecisato di vittime tra i manifestanti e le forze di polizia.
                                  http://syrianfreepress.wordpress.com/2012/05/27/siria-e-diritti-
________________________________________________________________________________________
Dopo la "rivoluzione del 1970", il presidente Hafiz al-Assad ha guidato la Siria per circa 30 anni, censurando qualsiasi partito politico di opposizione e qualsiasi candidato. 
Nel 1982, all'apice di un'insurrezione islamica, Hafiz al-Asad ha condotto una politica di terra bruciata contro la città di Hama per reprimere la rivolta della comunità musulmana sunnita, che includeva anche i Fratelli musulmani e altre organizzazioni. Decine di migliaia di persone (si calcola circa 30.000), vennero uccise nel Massacro di Hama.

Hafiz al-Asad, gravemente malato di cuore, morì nel 2000 , forse a causa di una fibrosi polmonare. Gli succedette Bashar al-Asad, nominato dopo che un emendamento costituzionale permise di abbassare da 40 a 34 anni l'età minima per essere eletti presidente.

Bashar, che parla francese e inglese e che è sposato con una moglie di origini siriane nata in Inghilterra, venne definito come “ispiratore di speranza” per le riforme,  e la “Primavera di Damasco” ebbe inizio nel gennaio 2000 con intensi dibattiti sociali e politici.

Ma dal 2004 salì la tensione per le rivolte curde guidate da al-Qamishli contro il governo, che cominciarono nella città del nord-est curdo di al-Qamishli. Durante una caotica partita di calcio, alcune persone cominciarono a sventolare bandiere curde e la partita si trasformò in un conflitto politico. Ci furono almeno 30 morti (alcune fonti parlano di 100 caduti) a causa della brutale reazione della polizia siriana e degli scontri non meno brutali tra curdi e arabi. Successivamente ci furono altre proteste minori e le reazioni del governo furono improntate alla medesima durezza.
_____________________________________________________________________________________________
Nel 2011 Bashar al-Asad dichiarò che il suo Stato era immune dalle proteste di massa che si stavano manifestando in Egitto. 
La mobilitazione indetta in Siria per il 4 e 5 febbraio, in contemporanea con la "giornata della partenza" proclamata in Egitto (http://www.asianews.it/notizie-it/L'Egitto-nel-giorno-della-partenza.-Mubarak-stanco-di-governare-20686.html), ottiene scarse adesioni da parte della popolazione, complice anche il cattivo tempo. 
Il 10 febbraio Damasco apre definitivamente ai social network e dopo 5 anni fa cadere il divieto che ne prevedeva l'oscuramento.  La decisione di eliminare le limitazioni, secondo quanto riferisce il quotidiano filo-governativo al-Waṭan, dimostra "la fiducia del governo nell’uso della rete".
 Secondo l'opposizione il libero accesso ai social network sarebbe un tentativo delle autorità siriane per contrastare attività sediziose contro il regime.
Il 17 febbraio 2011 però Tal al-Mallouhi, giovane blogger siriana, viene condannata a cinque anni di carcere dall'Alta corte per la sicurezza dello Stato, con l'accusa di aver lavorato per conto della Cia.
                                                         http://tg.la7.it/esteri/video-384200


Dal 15 marzo 2011 la Siria è di nuovo percorsa da timide manifestazioni anti-regime, che Dar'a, città della Siria meridionale, capoluogo della regione agricola e tribale del Hawran (tra le più povere del paese), sfociano dal 18 marzo in proteste di massa senza precedenti, represse con la forza dai militari. 
Numerose persone rimangono uccise durante gli scontri. Il governatore della regione, Faysal Kulthum, il 23 marzo viene rimosso dall'incarico dal presidente siriano.


Nonostante l'annuncio delle riforme dato il giorno prima dal portavoce del presidente, il 25 e 26 marzo le proteste proseguono e sfociano in scontri che provocano numerose vittime a Dar'a  e Latakia, porto a nord-ovest di Damasco
 A Dar'a ancora il 28 marzo persone scese in strada per protestare contro lo stato di emergenza sono fatte oggetto di attacchi a colpi di arma da fuoco da parte della polizia. Nello stesso giorno il vice presidente siriano annuncia che il presidente Assad prenderà decisioni che saranno "gradite al popolo siriano".
Il 30 marzo rimangono uccise 25 persone a Latakia, durante la repressione delle manifestazioni. Lo stesso giorno il presidente siriano, Bashar al-Assad, nel discorso pronunciato in parlamento a Damasco, annuncia che il prossimo governo è pronto ad attuare riforme e accusa le forze straniere di fomentare la rivolta e condanna i media satellitari come Al Jazeera di sobillare i rivoltosi.


L'8 aprile è uno dei giorni più bui della protesta:  diversi manifestanti rimangono uccisi a Dar'a durante un attacco da parte di forze di sicurezza. Scontri si verificano anche ad Homs e nei sobborghi di Damasco, mentre a Harasta tre vittime si registrano tra i dimostranti. Almeno 37 morti si registrano a Dar'a alla fine di tre giorni di duri combattimenti.
 In occasione della celebrazione del funerale delle vittime di Dar'a, la polizia, che proibisce ogni manifestazione pubblica, disperde con l'uso delle armi la folla in lutto provocando l'uccisione di numerose persone.
Continuano vari episodi nei mesi di aprile e maggio in diverse città con morti e feriti. Gli episodi di violenza sono segnati anche dalla protesta pacifica dei civili, cui il regime risponde con durezza.
Da marzo gli scontri hanno provocato, secondo un bilancio aggiornato all'inizio di giugno, oltre 1000 morti. Si contano in 10.000 invece gli arresti.

All'inizio del mese di giugno l'offensiva dell'esercito di Asad diretta nel nord-est del paese provoca uno svariato numero di morti. Numerosi tra più grossi centri siriani appaiono scossi dalle manifestazioni, il cui epicentro è la città di Deraa.
Il 31 luglio 2011 il governo siriano procede ad attuare cannoneggiamenti su Hama, cuore della ribellione siriana contro Assad, assediata dai carri armati e minacciata dal fuoco dei cecchini posizionati strategicamente, già oggetto di una violenta repressione nel 1982 quando Hafiz al-Assad, padre del presidente, soffocò nel sangue l'opposizione dei Fratelli musulmani.
 Alla fine della giornata si conteranno cento morti.
 Secondo fonti degli attivisti le vittime della repressione sono oltre quarantamilacento.

Da quasi un anno il popolo siriano si è levato, con straordinario coraggio contro il rais che lo domina – il criminale assassino Assad - lottando per la dignità e la libertà. Tante città di cui abbiamo imparato i nomi in questi mesi: Homs, Dera’a, Hama, così come intere zone della capitale Damasco sono permanentemente in mobilitazione. La gente si è organizzata sotto le bombe e le mitraglie per continuare a vivere, per curare i feriti di nascosto, per far mangiare le persone care, per proteggere i bimbi, vi sono ospedali clandestini, giornali, blog, comitati di autorganizzazione e di autodifesa e mille testimonianze di solidarietà fra le persone.
La repressione sin dall’inizio ha colpito moltissimo anche i bambini, le donne, le persone anziane, in una logica di terrore che diventa sempre più incontrollata e violenta mettendo a ferro e fuoco le città. La repressione di Assad è sempre più cruenta man mano che va in crisi il suo regime. Infatti sempre più soldati disertano e si rifiutano di sparare sui propri fratelli scegliendo di dar vita ad una milizia che si contrappone al despota. Molte associazioni umanitarie sono scese in campo, da associazioni di reporter indipendenti a Medici senza frontiere che denuncia repressione ed assassinii verso i medici che curano la gente in lotta, fino all’Unicef che denuncia l’assassinio da parte delle truppe governative di più di 400 bambini in questi mesi. L’opinione pubblica internazionale è distratta e colpevolmente silenziosa. Dalle città siriane è giunto un appello di aiuto: “ il vostro silenzio ci uccide”, ci dicono. È rivolto a ciascuno di noi.

LE AZIONI REPRESSIVE CONTINUANO NEL 2012. GUARDA LE FOTO. CLICCA QUI:
http://www.internazionale.it/video/siria/2012/06/19/the-blood-of-syria/



 Il 4 ottobre 2011, è stato presentato un progetto di risoluzione del Consiglio di Sicurezza sulla Siria, che incriminava il presidente siriano, aprendo la porta ad un intervento militare in Siria. Questa azione fu appoggiata anche dall'opposizione interna al regime di Asad rappresentata dal “Consiglio nazionale siriano” e dal suo presidente,  Burhan Ghalioun.

http://english.alarabiya.net/articles/2011/11/06/175763.html
Ma il progetto è stato fermato dal doppio veto cinese e russo.
 Per il ministro francese degli affari esteri, Alain Juppé, il fatto che il Consiglio non sia riuscito ad adottare una risoluzione che condannasse Damasco è stato un “triste giorno per il popolo siriano” e per il “Consiglio di sicurezza” .
Parigi e Washington promettono di continuare a “sostenere” le “aspirazioni di libertà e di democrazia del popolo siriano” . 
Alain Juppé ha assicurato che “la lotta dei democratici siriani per la libertà è una giusta lotta” e che la Francia continuerà a sostenerla fermamente “con tutti i paesi che lo desiderino”.  Qualche giorno prima, la Francia aveva salutato la formazione del “Consiglio nazionale siriano” e invitato il presidente Bachar al-Assad a lasciare il potere.
Dopo questo primo fallimento della diplomazia arabo-atlantica, la Lega araba, che riunisce gli emiri e i sultani del “Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), è riuscita il 19 dicembre a spingere il regime siriano a sottoscrivere un nuovo protocollo di cessate il fuoco, a ritirare l’esercito dalle città ed a favorire l’ingresso di osservatori arabi nelle zone degli scontri .      
SI VEDA UN DOCUMENTO FILO-ASSAD SU QUESTO LINK     
http://www.globalresearch.ca/PrintArticle.php?articleId=29849

http://www.agire.it/it/appelli_di_emergenza/osservatorio/siria_it
Dopo lo stallo creato dal veto posto da Cina e Russia ad un intervento internazionale in Siria durante l’ultima riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC), la comunità internazionale ha incominciato a studiare nuove soluzioni per affrontare la crisi umanitaria in corso nel paese.
Una delle prime alternative proposte riguarda la possibilità di stabilire un armistizio temporale per permettere l’ingresso nel paese alle agli aiuti umanitari. La seconda proposta è quella di creare un corridoio umanitario, uno spazio protetto attraverso cui possano entrare nel paese gli aiuti necessari a supportare la popolazione civile afflitta ormai da un anno di guerra civile.

Oggi le trattative per una cessate il fuoco temporaneo o per l’apertura di un corridoi umanitario stanno avendo luogo proprio con gli organismi colpevoli dei crimini internazionali sopra citati.

Queste negoziazioni, di carattere prettamente umanitario, portano con sè risvolti politici importanti e la loro realizzazione potrebbe comportare una possibile azione integrata di lungo periodo. Infatti, l’apertura di un corridoio umanitario richiede forzatamente lo  schieramento di una missione di peacekeeping, che potrebbe essere interpretata come primo passo per un intervento internazionale massiccio. Le parti in conflitto stanno quindi reagendo con reticenza alla proposta di apertura di un corridoio umanitario, noncuranti delle necessità della popolazione locale. 

25 MAGGIO 2012 -NICOSIA - Almeno 110 civili sono stati uccisi a Hula, nella provincia siriana di Homs, dalle forze fedeli al presidente Bashar al-Assad. La conferma che si sia trattato di un attacco dell'esercito è arrivata dal capo degli osservatori dell'Onu, il generale Robert Mood, che ha condannato oggi come "un brutale tragedia", il massacro. Gli osservatori, ha detto, "hanno confermato (...) l'impiego dei cannoni dei carri armati". Sarebbero oltre 92 le persone uccise, tra cui 32 bambini al di sotto dei dieci anni, secondo un bilancio degli stessi osservatori. Il bilancio delle vittime però è ancora incerto. Il Consiglio Nazionale Siriano riferisce che "la metà sono bambini" e chiede una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu per "determinare le responsabilità del massacro". Secondo l'opposizione, citata dalla Bbc, l'esercito ha bombardato e attaccato la città, dove si sta dirigendo un team di osservatori Onu della missione in Siria (UNSMIS).

26 MAGGIO 2012- Questa spaventosa e brutale ondata di violenza, caratterizzata da un uso  indiscriminato e spropositato della forza, rappresenta una violazione definitiva  del diritto internazionale e dell’impegno a far cessare le violenze assunto dal governo siriano. I responsabili di questi crimini sono ora chiamati a risponderne”. Queste le parole pronunciate dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon e dall’inviato speciale delle Nazioni Unite e Lega Araba, Kofi Annan, durante la riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza, in cui è stata pronunciata  la condanna unilaterale delle violenze in Siria, univoca da parte di tutta la comunità internazionale.
Cina e Russia hanno manifestato assoluta disapprovazione verso gli atti di violenza avvenuti a Houla, senza tuttavia condannare direttamente il governo di Bashar verso cui non pronunciano nessuna ammonizione.

Dopo 15 mesi di violenze, il sottosegretario Generale dell’ONU per le operazioni di Peacekeeping in Siria, Herve Ladsous, ha ufficialmente dichiarato l’esistenza di una guerra civile in fieri: "Credo che ormai si possa affermare che si tratta di guerra civile. Quello che sta accadendo è molto chiaro, il governo siriano ha perso alcune aree del territorio ed ora combatte l’opposizione per riconquistarne il controllo”. 
II Ministro degli Esteri siriano ha immediatamente replicato che  “ In Siria non è guerra civile. Ciò che sta accadendo rappresenta azioni ad hoc verso gruppi armati ribelli che hanno scelto la via del terrorismo”. Ma i numeri parlano chiaro.

Le conseguenze del conflitto in corso sono disastrose. 1 milione di persone ha bisogno di assistenza umanitaria immediata. Sono 78.000 i rifugiati nei paesi limitrofi e purtroppo il numero delle vittime ufficiali non è dichiarato da quando, nel marzo 2012, le Nazioni Unite hanno dovuto cessare il conteggio (fermo a 9.000 persone) per mancanza di fonti ufficiali.
Il paese sta attraversando una forte recessione, l’industria è ormai ferma e anche nella capitale Damasco cibo, acqua, gas e elettricità vengono razionate.
La comunità internazionale non ha ancora definito una linea di intervento unitaria, nonostante i  drammatici episodi di uccisioni di massa avvenuti a Houla e Mazraat al-Qubeir e i tentativi di raggiungere un accordo di pace avanzati fino ad oggi siano falliti. 

La Croce Rossa Internazionale, unica realtà umanitaria ad operare nel paese, ha affermato che sono numerose le aree fortemente colpite, e che è necessario intensificare la distribuzione di aiuti. 



La missione internazionale in Siria, che aveva l'obiettivo di favorire la pace nella regione, finora è stata un fallimento. Ad ammetterlo è stato lo stesso Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite e alla guida della missione, alla luce dell'uccisione di altre 60 persone in seguito a episodi di violenza che si vanno allargando anche al Libano. Il piano di pace in sei punti di Annan prevedeva un cessate il fuoco, entrato il vigore il 12 aprile scorso e violato. 

16 giugno 2012 - Oggi il generale norvegese Robert Mood, a capo della missione ONU in Siria UNSMIS (UN Supervision Mission in Syria), ha annunciato la sospensione della missione internazionale a causa dei crescenti atti di violenza nel paese che mettono a rischio gli osservatori e tutto lo staff. Secondo gli ordini impartiti da Mood, tutto lo staff della missione (ossia 298 osservatori militari e 112 civili) dovrà rimanere nei luoghi in cui si trova e non dovrà muoversi fino a nuovo ordine. 

Mood ha detto che la situazione verrà valutata giorno per giorno e che la missione riprenderà solo quando ci saranno le condizioni di sicurezza necessarie al suo svolgimento. 

Secondo Mood, infatti, negli ultimi tempi, soprattutto negli ultimi dieci giorni, la violenza tra le forze di sicurezza siriane e i ribelli è aumentata notevolmente, causando numerosi morti su entrambi i fronti: “Ogni giorno in Siria vengono uccisi civili innocenti, uomini, donne e bambini”.




Secondo gli attivisti dell’Osservatorio Siriano per i diritti umani, solo ieri in Siria sarebbero morte altre 25 persone: di queste 7 solo a Douma, nei pressi della capitale Damasco. Stando alle stime dell’ONU, dall’inizio della rivolta nel paese lo scorso marzo sarebbero morte circa 10mila persone, mentre alcuni gruppi di attivisti hanno detto nelle scorse settimane che i morti sarebbero già 14mila. 


La missione UNSMIS degli osservatori ONU è iniziata dopo che il presidente siriano Bashar Al Assad e i  rappresentanti dei ribelli siriani avevano accettato il piano Annan per la Siria che ha l’obiettivo di fermare le ostilità tra i due fronti. 

Dopo il massacro di Hula dello scorso mese, sono ripresi i combattimenti in tutto il paese.


                                    http://www.lisistrata.com/news/?

________________________________________________________________________________
Nel giugno 2012  un evento particolarmente grave ha ulteriormente scosso i rapporti internazionali con la Siria, ed in  particolare tra la Siria e la Turchia: l'abbattimento di un jet militare turco da parte di Damasco, che cerca di smussare i toni  ma denuncia le infiltrazioni di "gruppi terroristici" che arrivano dal confine nord;  Ankara sostiene che si è trattato di " un atto ostile". Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia condannano l'accaduto, e la vicenda viene discussa  dall'Ue e dalla Nato. 

Intanto, la missione Onu in Siria denuncia il massiccio bombardamento di Dayr az Zor, il centro petrolifero strategico nella regione orientale del Paese, conferma che il 23 giugno anche Homs è tornata sotto le bombe e parla di "sparatorie" a Hama, a est di Damasco.

“Si tratta di un'ulteriore gravissima ed inaccettabile azione da parte del regime di Assad", ha detto il ministro degli Esteri Giulio Terzi, una posizione condivisa dal segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, mentre per Londra si tratta di un episodio scandaloso, con William Hague che preannuncia una azione energica all'Onu. La Turchia, che in un primo momento sembrava voler gettare acqua sul fuoco, ha parlato di "atto ostile", volendo tuttavia precisare che la sua risposta avverrà nei limiti del diritto internazionale. Il ministro degli Esteri turco Davutoglu ha affermato in un'intervista all'emittente Trt che un'inchiesta è arrivata alla conclusione che l'abbattimento è avvenuto "nello spazio aereo internazionale, a 13 miglia nautiche dalla Siria". 
Il portavoce del ministro degli Esteri di Damasco ha detto che la Siria ha "esercitato il proprio diritto alla difesa della sua sovranità", l'abbattimento è stato "un incidente e non una aggressione", il velivolo è stato colpito mentre "volava nella spazio aereo siriano".

Ma la situazione sta chiaramente peggiorando: che attraverso il confine turco passino armi e militanti anti-regime è oramai accertato da mesi, le ultime conferme non arrivano da Damasco, o da Mosca e Pechino, ma dal New York Times piuttosto che dal Guardian. L'escalation è progressiva, con una scia di vittime tra militari e civili che si sussegue ogni giorno. Domenica Dayr az Zor è stata interessata da un "massiccio bombardamento di artiglieria", con i colpi che cadevano "ogni minuto", hanno verificato i team degli Osservatori Onu presenti sul posto. Gli stessi hanno confermato che lo stesso è accaduto il 24 giugno a Homs, mentre a Hama c'è una recrudescenza degli scontri, anche se i caschi blu non sono stati in grado di precisarne la natura.


http://www.tmnews.it/web/sezioni/top10/20120706_184419.shtml
Parigi, 6 luglio 2012. (TMNews) - La terza conferenza dei Paesi amici della Siria svoltasi a Parigi si è conclusa con la richiesta di un intervento del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sotto forma di una risoluzione vincolante che imponga la minaccia di sanzioni contro il regime di Damasco.

Una richiesta che tuttavia sembra destinata a rimanere insoddisfatta, dal momento che la Russia - grande assente della conferenza, insieme alla Cina - ha ribadito le proprie posizioni dicendosi inoltre contraria alle proposte avanzate dal Consiglio Nazionale Siriano, ovvero la creazione di una zona di interdizione al volo e di corridoi umanitari.