sabato 12 novembre 2011

CURZIO MALAPARTE - IL MARE/BESTIA


DA  LA PELLE

“Il mare mi guardava fisso  con i suoi grandi occhi imploranti, ansando come una bestia ferita, ed io rabbrividii. Era la prima volta che il mare mi guardava in quel modo. Era la prima volta che io sentivo lo sguardo di quegli occhi verdi gravare su me con una così pesante tristezza, con una tale angoscia, con un dolore così deserto. Mi guardava fisso, ansando, era proprio come una bestia ferita,  aggrappata alla riva, ed io tremavo d’orrore e di pietà. Ero stanco di veder soffrire gli uomini, di vederli  grondar sangue, trascinarsi per terra gemendo, ero stanco di udire i loro lamenti, quelle meravigliose parole che i morenti mormorano  sorridendo nell’agonia. Ero stanco di veder soffrire gli uomini, gli animali, gli alberi, il cielo, la terra, il mare, ero stanco delle loro sofferenze, delle loro stupide e inutili sofferenze, dei loro terrori, della loro interminabile agonia. Ero stanco di avere orrore, stanco di avere pietà. Ah, la pietà! Avevo vergogna di avere pietà. Eppure tremavo di pietà e di orrore. In fondo al remoto arco del golfo, il Vesuvio sorgeva nudo, spettrale, i fianchi striati dalle unghiate del fuoco e della lava, e  sanguinanti per le profonde ferite da cui sgorgavano  fiamme, e nembi di fumo. Il mare, aggrappato alla riva, mi guardava fisso con i suoi grandi occhi imploranti, ansando: tutto coperto di scaglie verdi, come un immenso rettile. Ed io tremavo di pietà e di orrore, udendo il roco lamento del Vesuvio errante alto nel cielo.”